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Stato francese, assassino Nato

La lunga intervista “concessa” da Giuliano Amato a La Repubblica sulla Strage di Ustica, pubblicata sabato 2 settembre, conferma la tesi secondo la quale ad abbattere il Dc9 della compagnia Itavia la sera del 27 giugno 1980 fu un caccia francese.

Da quanto emerge dall’intervista, con la simulazione di una manovra militare della NATO sui cieli italiani, si voleva eliminare il leader libico Gheddafi – che avrebbe dovuto trovarsi in volo su un Mig libico – con un missile e “spacciare” il tutto per un incidente.

Un piano ordito all’interno dell’Alleanza Atlantica, il cui errore provocò la morte di 81 civili, e le cui responsabilità non si sono potute accettare a causa anche del mix di omertà e depistaggi sull’intera vicenda messo in piedi dalla NATO.

Le alte cariche militari del nostro Paese, a cominciare dai vertici dell’Aeronautica Militare, hanno contribuito a deviare l’accertamento dei fatti.

La verità giudiziaria, li ha assolti, con una sentenza della cassazione del 10 gennaio del 2007, perché “il fatto non sussiste”. Ai militari era stato contestato il reato di alto tradimento.

Ma la verità giudiziaria e quella storica spesso non coincidono, soprattutto quando lo Stato processa sé stesso o i propri alleati militari.

Una onta quella di Ustica, che si somma alle responsabilità – alcune accertate anche a livello giudiziario – che hanno avuto gli apparati dello Stato e i comandi Nato in Italia coinvolti nelle trame golpiste e nelle stragi che hanno costellato la storia del nostro Paese.

Colpe che possiamo estendere a buona parte della classe politica che ha governato l’Italia durante la Prima Repubblica. Sapevano e hanno taciuto, spesso portandosi i segreti nella tomba.

Parte integrante di quella “guerra a bassa intensità” che ha caratterizzato il “fronte interno” dell’Italia dagli anni Sessanta agli anni Ottanta.

Di fronte alle rivelazioni di Amato occorre ribadire alcune cose.

In primis, la Francia ha una lunga “tradizione” di omicidi politici di leader africani, più di una ventina, a cominciare da quello del primo presidente del Togo, Sylvanus Olimpo, ucciso il 13 gennaio del 1963, a quello di Patrice Lumumba nel 1961, fino a quello di Gheddafi, ucciso nel 2011 dopo l’aggressione della NATO alla Libia.

Quello di Parigi è stato – ed è – un vero modus operandi che asseconda la famosa formula del Generale De Gaulle secondo la quale: «La Francia non ha amici, ha solo degli interessi».

Gli stessi interessi che la portano oggi ad essere il maggior sostenitore di un intervento armato della Comunità Economica degli Stati Africani Occidentali (CEDEAO-ECOWAS) ai danni del Niger contro i militari patriottici che hanno deposto l’ex presidente Mohamed Bazoum, pedina degli interessi occidentali nell’Africa sub-sahariana.

Un’opzione bellica che provocherebbe la “seconda guerra mondiale africana” – dopo quella congolese – in Sahel, che Parigi mette in conto per difendere cinicamente i propri interessi a dimostrazione di quanto una bestia feroce ferita non sia meno pericolosa.

Per citare le parole di Amato: «Un apparato costituito da esponenti militari di più paesi ha negato ripetutamente la verità pensando che il danno sarebbe stato irrimediabile per l’alleanza atlantica e la stessa sicurezza degli Stati. E quindi tutte queste persone hanno coperto il delitto “per una ragione di stato”, anzi dovremmo dire “una ragione di Stati”, o per “una ragion di NATO».

Sono esternazioni che costituiscono un pugno nello stomaco per tutte quelle forze politiche – dal PD ai “post-fascisti” di FdI – che ad ogni piè sospinto ribadiscono la loro fede atlantista come stella polare della propria politica.

La NATO a trazione statunitense che l’attuale presidente Macron – durante il suo primo mandato – aveva decretato essere in stato di «morte cerebrale», dopo l’escalation ucraina del febbraio del 2022 – è ridiventata la “camera di compensazione” tra i Paesi che la animano.

L’Alleanza Atlantica è uno dei maggiori vettori della tendenza alla guerra, dell’innalzamento delle spese militari (almeno fino al 2% dei PIL dei singoli paesi) a detrimento di quelle per il Welfare, e della militarizzazione della vita sociale, con una narrazione tossica patriottarda che inquina l’opinione pubblica.

Figlia di questa nefasta battaglia culturale è volontà dei neo e dei post fascisti presenti nei partiti di governo di ripristinare il 4 Novembre come festa nazionale che celebra la partecipazione dell’Italia al “Grande Massacro” della Prima Guerra Mondiale, considerata come compimento dell’epica risorgimentale.

Ci stringiamo attorno ai famigliari delle 81 vittime della strage di Ustica così come a quelle di Piazza Fontana, Brescia, Bologna, puntando il dito su coloro che ne sono direttamente responsabili e che hanno coperto le loro colpe e contro una classe politica che non vuole fare i conti con i propri “scheletri nell’armadio” e profondamente incurante delle conseguenze delle proprie scelte belliciste.

Per queste ragioni promuoviamo ed invitiamo alla partecipazione, mercoledì 6 settembre alle ore 1800, a diversi presidi in varie città italiane

  • Roma, Campo dei Fiori, ore 18:00, ambasciata di Francia

  • Milano, in prossimità al Consolato generale di Francia, in via Privata Cesare Magili, 1 (Via Turati), ore 18:00

  • Bologna, Parco della Zucca, Museo per la memoria di Ustica, ore 18:00

Fuori l’Italia dalla NATO!
Contro le guerre del neo-colonialismo francese in Africa!
Verità e giustizia per le vittime di tutte le stragi!

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