La scomparsa di Emilio Quadrelli priva il movimento rivoluzionario italiano di una mente scientifica e di una passione rivoluzionaria che hanno pochi eguali nel nostro paese. Ritengo pertanto che il modo più opportuno di ricordare questo compagno sia, da un lato, quello di sottolineare il suo prezioso contributo teorico e pratico, intellettuale e morale, di comunista, di leninista e di internazionalista, alle lotte del proletariato, e dall’altro quello di confrontarsi con tale contributo come se egli fosse ancora tra noi.
Prenderei allora le mosse da un evento che ha permesso di mettere in luce, nonostante l’ostracismo del regime borghese, il significato e il valore della lezione di Lenin. Il centesimo anniversario della morte di Lenin (1870-1924), infatti, non è stato ricordato né dai ‘mass media’ della borghesia né dalla sinistra riformista e revisionista.
E ciò non è avvenuto per caso, poiché cancellare Lenin dalla memoria storica del XXI secolo è la parola d’ordine che tacitamente viene seguita dagli esponenti politici e intellettuali delle classi sfruttatrici.
Ne hanno ben donde, poiché Lenin è la figura che riassume in sé la teoria e la politica della rivoluzione proletaria ed evoca il ricordo non gradito di Marx e di Engels, della rivoluzione francese, della Comune di Parigi, delle rivoluzioni novecentesche come l’Ottobre sovietico e il socialismo realizzato di Stalin, la rivoluzione ininterrotta per tappe della Cina, le lotte anticoloniali e antimperialiste nel Terzo Mondo.
Se si considera tutto ciò, non è difficile rendersi conto del significato politico e dell’importanza didattica dell’antologia degli scritti del grande rivoluzionario russo, curata da Emilio Quadrelli nel 2011: una risposta, senza alcun dubbio, all’ostracismo decretato dagli anticomunisti di tutte le risme nei confronti di Lenin e un contributo pregevole alla formazione politica, teorica e ideologica delle nuove generazioni proletarie e degli intellettuali organici della classe operaia.
L’asse della lettura del leninismo che il curatore propone in questo saggio è costituito dalla nozione di pensiero strategico, sintesi dialettica di pensiero politico e pensiero militare; l’ambizione è quella di attingere un livello qualitativamente superiore della teoria politica, adeguato alla fase imperialista.
La scansione degli scritti leniniani, che caratterizza l’antologia, è coerente con questo punto di vista, poiché, dopo un’introduzione che riassume le linee portanti del libro, si articola in una Prima Parte dedicata alla Teoria della guerra, che comprende, tra l’altro, le assai poco conosciute Note al libro di von Clausewitz “Sulla guerra e sulla condotta della guerra”, tratte dai Quaderni di Lenin; una Seconda Parte dedicata al tema del Combattimento e una Terza Parte incentrata sul Piano di guerra: difensiva e offensiva.
Ciascuna delle sezioni è preceduta da un’introduzione che definisce i nuclei concettuali unificanti dell’insieme di scritti ivi raccolti; seguono due Appendici, dedicate alla Filosofia borghese e al rapporto tra Lenin ed Hegel.
Riprendendo la linea ispiratrice di quella rinascita del leninismo cui Emilio Quadrelli ha offerto ulteriori contributi [cfr. anche Giulia Bausano – Emilio Quadrelli, Per Lenin – Materialismo storico e politica rivoluzionaria, Gwinplaine, Camerano (AN) 2012], vorrei indicare un plesso tematico saliente rispetto al quale il pensiero e l’opera di Lenin assumono una portata discriminante tale da obbligare chiunque si confronti con essi a ‘prendere posizione’: l’esistenza della catena imperialistica mondiale, la legge dello sviluppo ineguale e della gerarchia tra paesi imperialisti [cfr. anche la voce Imperialismo dell’Enciclopedia Einaudi (vol. 7, pp. 157-198, Torino 1979), redatta da Giovanni Arrighi], nonché la teoria della rottura dell’‘anello debole’ sono altrettanti aspetti di una visione integrata dell’imperialismo come ‘formazione economico-sociale’.
È a questo punto che sorge un’obiezione di non poco momento alla linea interpretativa sviluppata da Quadrelli su questo punto specifico ma di importanza fondamentale, laddove emerge una evidente contraddizione tra la tesi enunciata da Lenin nell’articolo Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa (articolo riprodotto alle pp. 176-179 del libro già citato) e l’affermazione del curatore secondo cui «con la fase imperialista si chiude irreparabilmente l’epopea delle borghesie nazionali e a prendere forma è un sistema-mondo dentro il quale a fronteggiarsi non sono più le borghesie nazionali e i loro Stati ma blocchi sovrannazionali» (cfr. p. 7).
In altri termini, se è vero quanto sostiene Lenin nell’articolo Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa (1915), che è una stringente confutazione prepostera della subalternità della sinistra di allora e di oggi all’‘internazionalismo del capitale’, e se è indiscutibile la vigenza della legge dello sviluppo ineguale del capitalismo, non si pone allora con forza per il movimento di classe, come ha chiaramente indicato Stalin, la necessità di rilanciare la parola d’ordine della lotta per la sovranità e l’indipendenza nazionale, raccogliendo questa bandiera dal fango in cui è stata gettata dalla borghesia e saldando questa lotta alla prospettiva della rivoluzione socialista?
Non si ripropone forse, nel quadro del polo imperialista europeo, di cui l’Unione Europea è il braccio economico-finanziario e la Nato il braccio politico-militare, il problema del rapporto fra Stati disgreganti e Stati disgregati e quindi, ancora una volta, in funzione antimperialista e in un’ottica socialista, il problema della lotta per l’indipendenza e la sovranità nazionale?
In conclusione, far avanzare, attraverso la sintesi strategica tra teoria e politica, di cui Lenin ci ha fornito il paradigma, un processo di ricomposizione del marxismo funzionale alla costruzione del partito comunista è il compito immediato che sta di fronte ai militanti rivoluzionari nel mezzo di un crinale decisivo della nostra epoca in cui le alternative guerra/pace, democrazia/fascismo, capitalismo/socialismo, socialismo/comunismo, barbarie/civiltà si intrecciano l’una all’altra.
L’antologia Lenin – Il pensiero strategico – Il partito, il combattimento, la rivoluzione (la casa Usher, Firenze 2011), curata da Emilio Quadrelli, proprio perché merita di essere letta e discussa, non solo rende ancora viva la presenza politica e intellettuale del curatore, ma è altresì uno strumento prezioso che i comunisti debbono mettere nella loro cassetta degli attrezzi, se davvero intendono ricostruire “la misteriosa curva della retta di Lenin”, convertendo l’una nell’altra la critica delle armi e le armi della critica.
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Pasquale
Anche senza conoscersi basta sapere che si è della grande massa dei Comunisti internazionalisti.
Buon viaggio compagno Emilio.