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Valencia, la crisi climatica è qui: ma chi lo dice rischia la galera

Quest’anno gli orrori del mondo reale hanno sostituito quelli posticci dell’orrenda invenzione statunitense di Halloween. Orrori prodotti dalla dominazione occidentale del mondo, si tratti del genocidio del popolo palestinese, che gli occupanti israeliani stanno facendo morire di fame e malattie col sostegno dei loro complici, tra cui il governo Meloni, o della catastrofe di Valencia con centinaia di vittime annegate.

Il colpevole di quest’ultima? Verrebbe di dare ipocritamente la colpa al cambiamento climatico, ma sarebbe come addebitare al fuoco vittime e danni di un incendio appiccato da un piromane.

La scienza ha fatto fa tempo chiarezza su cause e conseguenze del cambiamento climatico, provocato dall’effetto serra generato dal modello energetico imperniato sul fossile (petrolio, carbone, gas).

Ma una classe dirigente zoticona ha fatto tesoro della propria sconfortante e irrecuperabile ignoranza per poter svolgere al meglio il proprio ruolo di marionette della grande finanza, i padroni del mondo ben descritti nel bel numero di MillenniuM in edicola, che continuano ad investire nel fossile e in altri settori ad altra efficacia distruttiva come gli armamenti.

Di florilegi della distruttiva ignoranza di troppa parte dei “nostri” politici sono ahimè piene le sconsolanti cronache da vari anni a questa parte. Si vedano da ultime le sconcertanti esternazioni di Salvini sul fatto che d’inverno fa freddo e d’estate fa caldo, “che c’è di strano”? Banalità allucinanti ben funzionali a coprire l’ecocidio di cui il ministro dei Trasporti è un aficionado, come dimostrato fra l’altro dal devastante progetto del Ponte sullo Stretto.

In questo senso la classe politica italiana, quanto meno quella di governo, ma non è detto che il Pd sia sempre meglio, è addirittura peggio di quella spagnola, anche se va detto che le determinanti di fondo sono le stesse in tutto l’Occidente: predominio delle lobby finanziarie, taglio della spesa pubblica a finalità ambientale, incuria del territorio, smantellamento delle strutture di protezione civile, incapacità totale di orientare il sistema produttivo verso le energie rinnovabili come confermato dal misero fallimento delle politiche europee in materia.

Si vedano da ultimi i pesanti tagli ai bilanci del ministero dell’Ambiente e alle somme stanziate per incentivare la produzione di automobili elettriche, un settore, come anche quello in genere delle fonti rinnovabili, nel quale la Cina è molto più avanti grazie alla superiorità del sistema socialista.

E non basta. Non solo il governo liquida in anticipo la risposta preventiva al cambiamento climatico, ma procede altresì sordamente colla repressione dei movimenti che ne denunciano responsabilità e conseguenze: è infatti noto che tra i bersagli del famigerato disegno di legge 1660, indebitamente intitolato alla sicurezza, ci sono proprio gli attivisti ambientali.

Se l’Italia non fosse la penosa caricatura di Stato che è, dovrebbero invece essere proprio loro, e non già i rampolli delle dinastie che hanno basato su mafia e corruzione le loro fortune, a ricevere le onorificenze della nostra povera Repubblica.

I loro meriti sono infatti grandi, dato che sfidano la polizia, impropriamente degradata a violento servizio d’ordine delle lobby, e il carcere per tentare di aprire gli occhi di un popolo bovino e rassegnato che vive alla giornata e ha perso ogni dignità di soggetto collettivo, abbandonando il proprio presente e il proprio futuro al potere economico e politico fautore della guerra e della devastazione ambientale.

Un popolo visibilmente frastornato da oltre trent’anni di berlusconismo e centro-sinistra, che attende rassegnato la prossima catastrofe, sia essa ambientale o bellico-nucleare.

A testimonianza della tristezza estrema della situazione italiana stanno anche la povertà e l’inconcludenza della giurisprudenza in materia di sanzionamento della responsabilità del cambiamento climatico, a fronte di quella ben più coraggiosa di altri Paesi. Una recente sentenza del Tribunale di Roma è giunta addirittura ad affermare l’esistenza di un difetto assoluto di giurisdizione in materia.

Peraltro tali penose vicende, unitamente ad altre, quali la reticenza a prendere in considerazione l’esposto-denuncia contro le complicità italiane nel genocidio palestinese, dimostrano come l’intento di “impaurire i magistrati” giustamente denunciato dall’Associazione nazionale magistrati si sia almeno in parte realizzato.

Non si può del resto pretendere che siano i magistrati a raddrizzare un sistema, pure profondamente illegale e anticostituzionale che, per riprendere il paragone idraulico, fa acqua da tutte le parti e che andrebbe rovesciato al più presto e sostituito con un altro che metta finalmente al centro delle sue preoccupazioni l’essere umano e la natura e non i profitti e gli interessi del pugno di ricchissimi alienati che dominano il pianeta in corsa verso la catastrofe.

Ma quali le forze politiche, sociali e culturali adatte a tale compito?

* dal suo blog su Il Fatto Quotidiano

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