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Ingerenze asimmetriche

Quante volte abbiamo sentito, negli ultimi anni, le lamentele sull’ingerenza russa sulla politica europea? Persino il presidente Mattarella ha stigmatizzato, soltanto qualche settimana fa, «i tentativi di ingerenza russa sull’informazione in Italia», definendoli «forme di ostilità inaccettabile».

Ma quelli che se ne sono lamentati hanno in volto la maschera beffarda di chi fa finta di non vedere le ingerenze degli “alleati”, talvolta ben più inquietanti; è impossibile immaginare qualcuno più cinicamente sordo e cieco di un liberaldemocratico.

Ci portiamo appresso tutte le pecche dell’Europa incapace di politica autonoma. Sul piano internazionale, i problemi sono tutti affrontati sulla base di un’alleanza “a perdere”, decisamente insensata; è come se, abbandonata l’idea di una autonomia ideale e decisionale, l’Europa vivesse in relazione di dipendenza con gli Stati Uniti, dissipando secoli di intelligenza e di cultura.

È stato giustamente osservato che il modello ideologico nordamericano ben poco si confà alle caratteristiche della democrazia europea; è infatti ampia la distanza tra l’ossessione egemonica propria degli Stati Uniti, sfociata spesso in golpe e aggressioni militari, e l’attitudine europea alla pace e al rispetto dei popoli.

Eppure, le élite europee si sono rese sempre più convintamente sostenitrici dell’egemonia nordamericana, perdendo potenza economica e credibilità.

La politica estera degli Stati Uniti è basata sull’ingerenza, da sempre; il ricatto di Trump (perché di ricatto si tratta, in perfetto stile mafioso) ne è l’ennesima prova.

Il mondo, per gli Stati Uniti, non è che il palcoscenico della propria eccezionalità, uno spazio su cui innalzare la propria bandiera, dove mostrarsi, allo stesso tempo, come legislatore e come giudice.

Non c’è atto di politica internazionale che non riveli il fondo imperiale della loro ideologia.

Quello statunitense è un potere che decide quanto è conforme ai propri interessi, non esitando a sfoderare il peggio della mafiosità nei confronti degli alleati. Ma ricattare un alleato significa esercitare su di esso una pressione economica, ridurne l’indipendenza, usarlo.

Lo spirito imperialista – che si impone nel mondo soltanto grazie alla forza – a che altro può portare se non a svuotare l’autonomia dell’alleato, così da renderlo più debole e dipendente?

Si afferma così un’altra forma di ingerenza e di aggressione, probabilmente più concreta e pesante di quella russa; che è, comunque la si intenda, una forma di sottomissione.

Il vizio di definire “imperialisti” solo gli altri, russi o cinesi che siano, fa di noi dei complici d’un altro imperialismo, e sue vittime volontarie.

* da Facebook

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