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Il pragmatismo genocida di Paolo Mieli

Paolo Mieli, una delle penne più celebrate del giornalismo moderato (non dimentichiamo mai che sono i moderati che fanno le guerre, tagliano la sanità, tolgono diritti sul lavoro, mandano la polizia a fare il lavoro sporco) italiano, non trova di meglio che chiamare “isola di ricostruzione ordinata” quella che il ministro israeliano della Difesa ha già nominato una “città umanitaria” da costruire sulle macerie di Rafah, in cui 600 mila palestinesi sfollati verrebbero reclusi per sempre.

Una volta dentro, non potranno più uscire”, ha dichiarato Israel Katz. Mieli annuisce, contempla, razionalizza, candidamente. In effetti potremmo provare a bombardare la casa di Mieli e poi metterlo in carcere al 41 bis, senza che abbia fatto nulla, e vedere se la trova un’idea intelligente.

Lo fa a In Onda, su La7, mentre Giovanna Botteri lo fissa con occhi larghi, incapaci di contenere lo sgomento. Ma Mieli insiste, più lucido che mai nel suo freddo pragmatismo: Non potrebbero uscire perché tu devi fare un’isola di ricostruzione dove tutto è ordinato. Non si può ripetere il caos nella distribuzione degli aiuti. Forse è un’idea del piffero, ma alternative ne vedo poche”.

Un’“isola ordinata”. Il linguaggio dell’ordine che scavalca la giustizia. Il lessico del “realismo”, che in realtà è sempre il linguaggio della disciplina, del mondo concentrazionario, dell’autorità cieca che organizza la vita altrui senza mai dovervi partecipare. Quando Marianna Aprile gli dice chiaramente che l’idea la inquieta perché somiglia a un campo di concentramento, Mieli si schermisce: Io colgo il primo cenno di una Gaza in cui si fa la pace, si inizia a ricostruire con la popolazione di Gaza che rimane dentro Gaza”.

Ma quale pace si fa dentro un recinto? Quale ricostruzione si avvia su un popolo che è stato sfollato, affamato, braccato e ora viene nuovamente schedato, selezionato con “procedure di sicurezza” (ovvero controllo biometrico e selezione etnica), e poi chiuso a tempo indeterminato in un lembo bombardato?

Mieli non usa la parola “campo”, ma ne sposa l’intelaiatura. L’internamento permanente viene nobilitato in “segnale”.

Non ci vedo la creazione di un campo di concentramento”, ribadisce Mieli, “È la prima volta che si accenna a una ricostruzione di Gaza coi palestinesi presenti, sia pure solo a Rafah, sia pure solo con 600 mila”.

Sia pure. Solo. La semantica della tolleranza condizionata. Mieli non riesce nemmeno a nominare i numeri reali dello sterminio in corso. Per lui ciò che conta è che per la prima volta si immagina di lasciare 600 mila superstiti vivi in mezzo alle rovine, in modo “organizzato”. Una gabbia pianificata è preferibile, pare dirci, al caos della fame. È il trionfo della bio-politica più oscena: non garantire vita degna, ma “contenere la sopravvivenza”. Uno zoo.

Quando Aprile propone, come unica alternativa sensata, il reciproco riconoscimento del diritto all’esistenza e lo stop ai bombardamenti, Mieli scrolla le spalle: Smettere di bombardare è la precondizione. Però non è che tu smetti di bombardare e gli ostaggi israeliani rimangono là senza riconoscere il diritto all’esistenza dello Stato d’Israele. Questo no”.

La logica è chiara: finché ci sono ostaggi, i palestinesi devono essere puniti collettivamente. Finché Hamas non si dissolve, 2 milioni di civili possono rimanere sotto embargo, recintati, affamati. Una logica criminale, che Telese (il che è tutto dire) contesta apertamente: I civili affamati, bombardati e colpiti dalle rappresaglie di Israele non hanno responsabilità della detenzione degli ostaggi”.

Ma Mieli rilancia il più abusato tra gli argomenti che la storia del giornalismo italiano ricorderà come vergognosi: Credo che Hamas sequestrasse il cibo che entrava attraverso i canali dell’Onu. Io penso che ci siano anche, a differenza forse vostra, dei difetti di Hamas”.

Ecco il punto. Quando le bombe piovono sulle tende degli sfollati, quando i bambini muoiono senza acqua e la fame è sistematica, l’analisi di Mieli non inizia dal potere distruttivo dell’esercito israeliano, ma dai “difetti” di Hamas. Un modo perverso di deviare ogni responsabilità, spostando la colpa sulla vittima. Si tratta della stessa logica che ha legittimato ogni crimine coloniale: “qualcosa avranno fatto” e se non lo hanno fatto comunque la loro esistenza è una minaccia e quindi vanno eliminato per il “bene” di tutti.

La verità è che Paolo Mieli, come una parte estesa dell’intellettualità italiana, ha ormai smarrito ogni parametro etico. Riesce a concepire come “soluzione” (finale?) un’enclave in cui esseri umani vengono trattenuti senza possibilità di uscita. Ha interiorizzato il panopticon di Bentham, e vi intravede, testualmente, “un inizio di pace” (sticazzi. Pure a Auschwitz non ci si lamentava troppo…). Un’idea del piffero? Sì. Ma non in quanto ingenua. Lo è perché criminale.

Quel che è più agghiacciante, tuttavia, è che la sua logica sia condivisa. È la logica di chi vuole sedare le coscienze con formule asettiche: “ricostruzione”, “ordine”, “screening di sicurezza”. È il gergo della modernità disumana, che chiama “soluzione urbanistica” ciò che è segregazione, e “ordine” ciò che è terrore.

Questa non è Gaza. Questo è il lessico di una Shoah capovolta. E Mieli, testimone della storia del Novecento, dovrebbe essere il primo a capirlo.

* da Facebook

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10 Commenti


  • DM

    Per riempire le loro mangiatoie, alcuni “giornalisti” non esitano a raccontare storie di tutto e del contrario di tutto. Questo è particolarmente vero dopo il periodo del Covid.
    La cosa principale per loro (questi “giornalisti”):
    salvaguardare la società capitalista.
    Nel XX secolo, i loro mentori si chiamavano Hitler, Pétain, Mussolini, Franco, Pinochet, ecc.
    Oggi, dopo Biden, è il turno di Trump.


  • Carlo Corbellari

    Ma mieli è un fascista dentro, un alto borghese gerarca di un benessere economico illimitato, parassita orrendo che determina montanelli padre del giornalismo italiano, che sa condurre gli spazi televisivi che immeritatamente gli vengono elargiti ancora, con ineffabile e spiazzante alterazione dalla realtà. Dove l’importante è che non venga mai spiazzato dalla sua posizione altissimo borghese, da super ricco, credendosi giornalista… Aberrazione tutta italiana


  • Pasquale

    Sparano tutte queste cazzate calpestando i corpi di tutti i bambini uccisi in modo scientifico. Perchè condurli ai punti di distribuzione viveri e mentre sono in fila per un cucchiaio di brodo, sparare loro addosso è razionale, progettato e scientifico. Come l’intero genocidio, del resto. VERGOGNA!


  • Andrea

    non tiene più il ricorso alla presenza di ostaggi nelle mani di Hamas. Superata la linea che giustificava la rappresaglia, condotta non in forma mirata con l’intelligence ma in modo indiscriminato, gli step successivi sono soltanto atti genocidari contro civili inermi al fine dello sterminio.


  • Ernesto

    Prima pensavo che Mieli fosse un po’ rintontonito quando se ne usciva con certe consideraxioni, ora invece penso che suo sia solo una cinica visione del mondo che giustifica tutte le abiezioni del colonialidmo aggressivo, segregazionists e genocida.


  • Luigi

    non dimentichiamo che è ebreo pertanto…..


    • Redazione Contropiano

      ce ne sono molti decisamente più onesti…
      è un sionista, la religione è una scusa…


  • Matteo

    Dov’era Paolo Mieli durante il genocidio? Eseguiva gli ordini (del padrone). Cosa che ha sempre fatto in vita sua.


  • almar

    Diciamo la verità, una cosa giusta Mieli l’ha detta: “é un’idea del piffero” (io sostituirei la parola piffero con un suo sinonimo più volgare). Quello che mi stupisce è che quest’uomo viene invitato continuamente in TV a dire le sue pifferate, e che chi lo conosce appunto per le sue pifferate, accetti di partecipare ad una trasmissione con lui ( non parlatemi di rispetto delle opinioni quando le opinioni sono quelle di Mieli!).


  • Andrea

    Certe idee del piffero andrebbero applicate ai politici sionisti che le propongono ed ai loro sostenitori.
    Così come chi vuole la guerra si può arruolare a nome proprio, autostipendiarsi e farsela contro i “nemici” purché essi siano consenzienti.
    Con queste due cosette, non avremmo risolto tutto, ma potremmo iniziare ad occuparci d’altro.

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