L’aggressione dello Stato terrorista sionista all’Iran è solo una delle fasi della guerra che io chiamo “guerra per la grande Israele”.
Anche se i sionisti è dal 1948 che hanno costituito il loro Stato, illegittimo perché ha violato l’unica risoluzione ONU che gli riconosceva una legittimità, tra l’altro assassinando l’inviato ONU conte Bernadotte, per la “guerra per la grande Israele” va riconosciuto l’inizio al 7/10/23.
Alcuni attivisti pro-pal considerano l’azione di Hamas per quella data una capacità che non va messa in discussione.
Io ho una valutazione diversa.
Hamas sapeva benissimo quale sarebbe stata la reazione dei sionisti, tanto che da molti anni si erano attrezzati con tunnel e sistemi telefonici “tradizionali”, ma erano obbligati a questa azione perché i sionisti, appoggiati dagli USA (patti di Abramo) stavano lentamente e nel silenzio stritolando il popolo palestinese, tanto più che Abbas a capo della ANP era ormai un fantoccio nelle mani dei genocidi.
Allo stesso tempo il governo sionista si preparava per eliminare il popolo palestinese e come in tutte le sue operazioni lo preparava da anni, come ha dimostrato l’azione terrorista con i walky-talky e i cercapersone contro Hezbollah, che ha richiesto almeno quattro o cinque anni per la preparazione in attesa di utilizzarlo in una guerra generale.
I sionisti sapevano da molti mesi prima, almeno quattro, che Hamas avrebbe attaccato fuori di Gaza ma per loro era l’occasione giusta che gli risparmiava la costruzione di un falso movente per giustificare il genocidio.
L’utilizzo della “direttiva Hannibal” fu appunto per massimizzare le morti di israeliani e quindi avere il pretesto appropriato per giustificare il genocidio a Gaza.
Per potere realizzare la “grande Israele” è necessario per i sionisti costituire una situazione simile a quella che consentì agli yankee di espandersi dal New England a tutto il territorio statunitense: avere un immenso territorio abitato da popolazioni divise e con poca tecnologia, esempio che gli proveniva dai sionisti yankee come il rabbino Kahane.
Negli anni e tramite gli USA erano stati smantellati gli Stati arabi ritenuti ostili al sionismo: nel 2003 l’Iraq, nel 2011 la Libia, nel 2014 lo Yemen tramite l’Arabia Saudita, azione fallita con conseguenze nefaste per i sionisti.
Con la “guerra per la grande Israele” c’era e c’è la volontà di giungere alla situazione sopradetta: espellere o eliminare i palestinesi e smantellare i paesi considerati ostili.
Lo smantellamento della Siria non è stato un colpo di fortuna yankee, ma il risultato di un lungo lavoro di costruzione di forze islamiste (prima Isis, poi Hts), di corruzione e impoverimento e di errori strategici di Assad e della Russia che non hanno voluto trovare una intesa con le YPG curde.
I colpi inferti a Hezbollah (assassinio dei leader e attentati coi walkei-talkie) ha messo all’angolo questa organizzazione che rischia anche l’assalto di HTS al potere in Siria.
Come detto prima, gli Houti dello Yemen non sono stati distrutti né dagli yankee, che hanno dovuto rinunciare dopo la perdita di tre F22, né dai sionisti che si ritrovano con il porto di Eilat chiuso ai traffici e un logorante arrivo di missili che minaccia la navigazione aerea “civile” (nello Stato sionista la definizione “civile” trova il tempo che trova).
Il colpo definitivo per la “grande Israele” doveva essere lo smantellamento dell’Iran, attuando un’azione militare combinata di quanto fatto in Siria e contro Hezbollah, ma ha fallito in questo (quello dei siti nucleari era solo un pretesto per l’aggressione): il risultato doveva essere un territorio enorme nell’Asia occidentale di non-stati falliti o di stati asserviti come Giordania, Arabia Saudita e Emirati vari.
La situazione attuale è di tregua, quindi di fatto è la vittoria momentanea dell’Iran, a cui i sionisti non si adegueranno, ma i tempi per una ripresa sono incerti: gli Usa intervenuti per evitare il tracollo dei sionisti sono obbligati su due fronti, il primo nell’aggressione che sta fallendo alla Russia e il secondo nella scarsità di munizioni verso Israele perché usate in Ucraina.
Lo Stato sionista sconta nel confronto con l’Iran la necessità dell’intervento diretto militare yankee, pena il fallimento, perché l’Iran è lontano per i suoi aerei e troppo vasto per concentrare i suoi bombardamenti, mentre al contrario Israele è territorialmente grande come la regione Campania e per di più per un terzo desertico, quindi facilmente colpibile dai razzi iraniani.
Se l’Iran è consapevole di questa situazione, prima che i sionisti ritornino ad aggredirlo deve implementare alcune cose: migliorare la difesa da attacchi aerei, migliorare le relazioni con l’Iraq per impedire altri “smantellamenti” e, nel caso, per un confronto con l’Hts che sta facendo stragi di sciti alawiti e cristiani siriani e raggiungere una conciliazione con le minoranze etniche interne concedendo autonomia culturale ai curdi e agli azeri in particolare.
Gli scenari futuri di guerra nell’Asia occidentale vedono però anche altri soggetti.
Un futuro bersaglio dei sionisti è la Turchia, che non deve considerarsi al sicuro perché membro della Nato: tra Turchia e Stato sionista gli yankee sceglierebbero sempre ad occhi chiusi il secondo.
La Turchia rimane un bersaglio sionista per il semplice fatto che la Siria è nelle mire di entrambi i governi e in più l’esistenza di uno Stato organizzato è un problema grave per i sionisti e le soluzioni le hanno già in mente: utilizzare i curdi in Siria e in Turchia.
Se la Turchia non vuole ritrovarsi ad essere il prossimo stato stritolato deve cogliere al volo la volontà di pace del PKK e intraprendere un processo di legittimazione culturale, non farlo sarebbe lo stesso errore catastrofico di Assad.
Per noi in occidente, comunque, continua il lavoro continuo per delegittimare e sabotare l’ultima colonia razzista europea e sostenere la causa palestinese.
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alberto
leggo sempre gli articolo di Paolo e 11 volte su 10 sono completamente d’accordo. Complimenti compagno e continua la tua sotta al sionismo.