La crisi conclamata del Modo di produzione capitalista e di tutta la civiltà occidentale sta da tempo generando numerosi mostri ma allo stesso tempo, in continuità con la previsione di Marx, sta producendo le “armi” che ne decreteranno la fine: il movimento di classe.
Lo sciopero generale del 22 settembre indetto dall’Usb e assunto dagli altri sindacati conflittuali, sull’esempio di lotta dei portuali di Genova, pone al centro la questione della libertà della Palestina e la fine della complicità delle istituzioni italiane con lo Stato terrorista d’Israele.
L’invasione di Gaza city è solo l’ultimo crimine coloniale e genocidario commesso dal sionismo in Palestina ma la continua resistenza del popolo palestinese ha squarciato l’ultimo velo sulla natura di Israele e dei suoi sponsor.
L’appoggio che la causa palestinese ha conosciuto in tutto il mondo segna una rottura profonda tra i governi al servizio degli imperialismi occidentali e quei popoli, anche organizzati in soggetti statuali, che si oppongono alla barbarie prodotta da crisi e sfruttamento.
Il protagonismo a lungo inseguito e ritrovato dal movimento operaio contro la filiera della morte trova nella solidarietà con la Palestina in Italia e nel resto d’Europa un importante punto di rilancio.
I blocchi per mare, cielo e terra al rifornimento delle guerre hanno fatto emergere la centralità operaria e del movimento di classe contro l’ingiustizia, attualizzando la lunga e gloriosa storia dell’internazionalismo proletario.
Il governo Meloni e l’Unione Europea continuano a proteggere gli interessi sionisti e imperialisti qui come in Medio Oriente, mentre le “opposizioni” balbettano difronte a un sentimento di protesta che cresce nelle strade.
La missione della Global Sumud Flotilla ha avuto il merito di generalizzare la possibilità di partecipazione attiva alla solidarietà con la Palestina, ampliando il fronte della mobilitazione.
Per questo, la Rete dei Comunisti aderisce e sostiene lo sciopero generale del 22 settembre, consapevoli che ciò significa continuare a costruire il movimento di classe, organizzando i protagonisti delle lotte operaie, studentesche, sociali, femminili e ambientaliste che lunedì troveranno un punto di sintesi nelle piazze di tutto il Paese.
La natura della sciopero riconosce il passaggio dalla centralità delle questioni sociali a quelle politiche e coglie l’esigenza di un’alternativa complessiva che comincia a farsi strada nella società.
Dunque non solo volta a conquistare salari più alti, istruzione e sanità universali o una casa per tutti e tutte, ma per riaprire una prospettiva di rottura verticale con l’odiosa società capitalista, sfruttando le possibilità concrete determinate dall’emergere di poli antagonisti all’Occidente nel mondo multipolare.
Con un occhio alla Flotilla e la Palestina nel cuore
Per la libertà di tutti i popoli dal colonialismo e dall’imperialismo
Per continuare a costruire e organizzare il movimento di classe nel Paese
LUNEDÌ 22 SETTEMBRE SCIOPERO GENERALE!
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Franco Astengo
sabato 20 settembre 2025
SCIOPERO, CONFLITTO E NON PROTESTA
SCIOPERO: CONFLITTO E NON PROTESTA di Franco Astengo Il punto è quello della prospettiva dello sciopero generale Dobbiamo sentirci orgogliosi dell’iniziativa di sciopero e manifestazione indetta dalla CGIL ieri, venerdì 19 settembre, sul tema della tragedia di Gaza. Egualmente sarà necessario dichiararci orgogliosi dell’analogo appuntamento che i sindacati di base hanno costruito per lunedì 22 settembre: nella diversità “storica” delle matrici sindacali, delle modalità e degli obiettivi si dimostra comunque il permanere di una grande sensibilità del mondo del lavoro intorno alle ragioni della pace, della giustizia sociale, dell’internazionalismo. Sensibilità va sottolineata con grande forze auspicando come già in oltre occasioni nella storia si realizzi anche una sovrapposizione di presenza e partecipazione nelle diverse manifestazioni. Il quadro complessivo della situazione internazionale ci fa presagire (con facilità) che saranno necessarie ancora più intense manifestazioni di lotta fino ad arrivare ad uno sciopero generale unitario per la pace (non sviluppiamo in questa sede analogie con il 1914 che pure sono state richiamate). Il punto è quello della prospettiva dello sciopero generale Il tema della pace e del rifiuto della sopraffazione dei popoli deve essere l’elemento agente di uno sciopero generale (senza cedere ad alcuna tentazione soreliana) deve essere richiamato come forte espressione di lotta che si collochi al centro di una situazione dalla quale stanno già generando elementi non secondari di conflittualità. Nella sostanza ci troviamo in una situazione nella quale oltre al crescere di una tensione militarista, alla sostanziale indifferenza al genocidio del popolo palestinese. al trattamento dei migranti si registrano aumenti delle diseguaglianze e delle difficoltà economico – sociali per larghi strati della popolazione e di consolidamento di un regime che punta a distruggere la rappresentanza politica d’opposizione riducendo drasticamente gli spazi di esercizio democratico. Lo sciopero generale assumerebbe anche un valore rispetto alla pressante tendenza di ulteriore limitazione della possibilità di esercizio di questo strumento democratico di dimostrazione di dissenso e protesta. L’attuale governo non si è posto semplicemente sulla scia di provvedimenti limitativi del diritto di sciopero che possiamo far risalire all’ormai lontano 1990 (legge 146/90) e successivamente a diversi altri provvedimenti dal chiaro impianto repressivo: l’attuale governo ha esercitato una compressione tecnologica del diritto di sciopero e del conflitto sociale e politico in generale: il baricentro si è spostato su delibere, ordinanze, carte bollate più che su tavoli e mediazioni traducendo la controversia sociale in un tema d’ordine pubblico (avendo quale esempio il modello democristiano degli anni’50: quello di Modena, Melissa, Montescaglioso, Reggio Emilia) e di comunicazione. Uno sciopero generale unitario sul tema della pace e del rifiuto della sopraffazione dei popoli servirebbe prima di tutto a far emergere una potenziale qualità di nuove fratture sociali sulle quali può innestarsi una dinamica virtuosa di conflitto che se collegata a un’adeguata iniziativa politica potrebbe produrre una crescita significativa dei livelli di conflittualità sociale e non di semplice protesta.