“Ma perché non vi occupate dei nostri problemi invece che della Palestina?” Questa era una delle polemiche più diffuse durante l’eccezionale mobilitazione popolare che, dal 22 settembre al 3-4 ottobre, ha portato in sciopero ed in piazza milioni di persone.
Era chiaramente una polemica falsa e strumentale, ma ora essa ha una risposta diretta.
Il 28 novembre lo sciopero generale proclamato dai sindacati di base sarà per la libertà e la vita della Palestina, ancora sottomessa alla ferocia israeliana, e contro le ingiustizie sociali mostruose che dilagano nel paese.
Il 28 novembre lo sciopero sarà sociale e politico, sarà contro il Governo Meloni in quanto primo complice di Netanyahu e primo della classe nell’attuazione delle politiche di austerità europee e di riarmo della NATO.
Le polemiche tra governo e campo largo sui singoli punti della legge finanziaria, corrono il rischio di mettere in secondo piano la sua impostazione globalmente negativa e ingiusta.
Come ci ricorda Giorgetti, ministro di quel partito che per anni ha finto di essere contro l’austerità UE, l’Italia ha aderito al nuovo patto di stabilità e deve obbedire rigorosamente ad esso. Questo vuol dire che il nostro paese deve tornare al cosiddetto “attivo primario” del bilancio pubblico, per mantenere il deficit sotto il famigerato 3%. Cioè lo stato restituirà in servizi pubblici, stipendi e prestazioni sociali, meno di ciò che riceverà in tasse.
Ma allora perché resterà il deficit? Perché l’attivo di bilancio servirà a pagare gli interessi sul debito. Tagli a pensioni, scuole, sanità, bassi salari e più profitti alle banche. Questa è la sostanza delle politiche di austerità, che non servono a ridurre il debito pubblico, ma ad aumentare il peso ed i guadagni del sistema finanziario su tutta l’economia.
Da quando nel 2011 il governo Monti, di cui quello Meloni è continuatore, decise la più brutale austerità di bilancio, lo stato ha tagliato e risparmiato quasi 1000 miliardi di spesa pubblica, con i quali ha pagato gli interessi sul debito. Debito che però non è calato di un centesimo anzi è aumentato a dismisura. È un autentico meccanismo di usura quello che viene imposto dall’austerità europea.
Lo stato italiano è come una persona, vittima di uno strozzino, che debba vendere i suoi beni per pagare le cambiali di un debito, che però aumenta sempre. E la cravatta si stringe attorno al collo della maggioranza della popolazione, a cui si impongono sacrifici sempre più duri in cambio di una riduzione del debito che non avviene mai.
Meloni e Salvini, da fieri oppositori del vincolo europeo, ora ne sono diventati servili esecutori e con una aggravante: oggi il premio al rigore di bilancio è l’aumento delle spese di guerra.
Infatti le nuove regole europee permettono, ai paesi “ virtuosi” che riducono il deficit di bilancio, di scorporare gli investimenti in armi.
Missili, bombe e cannoni non fanno deficit, la sanità, la scuola e le pensioni sì. Si deve rispettare il 3% nel deficit pubblico per poter spendere il 5% per la NATO. Pochi anni fa chi avesse denunciato il rischio di arrivare a questo, sarebbe stato bollato come pazzo estremista, invece è la realtà di oggi.
Questo orrore in Italia è alla base della finanziaria del governo di destra, ma nell’Unione Europa è stato approvato dalla maggioranza di centrosinistra che sostiene Ursula von der Leyen.
La finanziaria di Giorgia Meloni è la prima legge finanziaria di guerra euroatlantica.
La distruzione dei servizi pubblici e dello stato sociale, il crollo del potere d’acquisto dei salari, l’emigrazione di massa che oramai supera l’immigrazione, sono la fotografia di un paese che da decenni viene devastato dalle politiche di austerità, alle quali oggi si aggiunge il costo dell’economia di guerra.
In fondo è vero che il Governo Meloni non è il solo responsabile di questo disastro, lo sono tutti i governi precedenti, la classe imprenditoriale, la finanza, l’Unione Europea e la NATO. Ma è vero che oggi il Governo Meloni è colpevole di continuare ed aggravare la politica del passato.
Le mancette che qua e là vengono distribuite non cambieranno la sostanza: saremo sempre più poveri e pagheremo sempre di più le tasse per il riarmo. E tutto questo continuerà fino a quando le politiche di austerità e guerra non saranno completamente rovesciate.
Lo sciopero generale del 28 novembre è in continuità con l’appello “blocchiamo tutto” dei portuali di Genova e con il movimento di lotta che ha scosso il paese. Perché bisogna continuare con lo stesso spirito e la stessa determinazione; per la Palestina, e contro la guerra, per la sanità pubblica e per 2000 euro di salario minimo al mese. Perché tutto si tiene.
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