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Criticare Israele non è antisemita, è antifascista

Veniamo direttamente al punto di quanto siano strumentali e vergognose tutte queste proposte di legge sull’antisemitismo basate sulla definizione dell’IRHA.

La prendo sul personale. Io sono nato da madre ebrea e sono cresciuto in una famiglia ebraica, con tutto il corollario di pesach con uovo sodo al primogenito maschio da mangiare senza farsi vedere, hanukkah, vagamente rosh hashanah. Famiglia non particolarmente praticante ma credente (io non credo, ma è evidente che l’ebraismo così come non è questione di razza non lo è nemmeno di credo, cosa poi sia è discorso aperto). Per non parlare della memoria delle persecuzioni, da quelle mitologiche dei faraoni a quelle vicine e concrete dei fascisti e della Shoah.

Insomma io sono cresciuto da ebreo, con arredi e ninnoli vari in casa e il peso di un nonno partigiano delle Garibaldi che si chiamava niente di meno che Israele (lo trovate sull’home page del sito dedicato agli ebrei resistenti italiani del Cdec). Per mio nonno ho ottenuto postumo dallo Stato italiano il riconoscimento di perseguitato razziale sulla base della documentazione di archivio che ho raccolto.

È nella vita da storico ho lavorato tanto sull’antisemitismo, il razzismo, il nazionalismo, il fascismo. Oltretutto si può dire che sono diventato antifascista fin dalla tenera età perché sapevo che ero ebreo, che i fascisti ci avevano sterminato per quel che eravamo e dunque era chiaro che nel fascismo c’è qualcosa di intrinsecamente malvagio.

E poi c’è Israele, lo Stato. Con Israele ho dovuto fare un lungo percorso. Non che in casa fossero sionisti (nessuno ha mai fatto l’aliyah) o ferventi sostenitori di Israele, sono sempre stati semmai tutti per lo più indifferenti a quel che succedeva in un posto lontano e esotico mentre erano intenti a fare la cena di natale senza nemmeno un cristiano a tavola.

Ma quest’idea che di là dal Mediterraneo ci fosse una patria di riserva in cui andare a rifugiarsi qualora avessero iniziato di nuovo a farci fuori te la passano. Forse è come ha detto Tony Judt, ormai noi laici in diaspora non troviamo altro fondamento al nostro essere ebrei se non che i nazisti hanno provato a farci tutti fuori. Quindi partiamo da qui. Poi che è successo?

La “patria di riserva” della quale avrei diritto a chiedere la cittadinanza secondo le sue leggi, crescendo è iniziata a diventare un posto che portava avanti politiche profondamente ingiuste verso gente nativa del posto.

Inizialmente è iniziata a essere una “patria di riserva” governata da gente non propriamente lungimirante, che sbagliava tutto (e nel farlo ci metteva di nuovo a rischio).

Poi a un certo punto mi sono  ritrovato a ospitare a più riprese in casa mia un moderno Odisseo proveniente da Gaza. Non dimenticherò mai il suo terrore negli occhi la prima volta che entro nella mia casa materna è scopri dagli arredi di essere finito in una casa di ebrei. Mi chiese atterrito se eravamo fanatici. Io scoppiai a ridere e gli dissi tranquillamente mi casa es tu casa. Ma non ho mai smesso di pensarci.

Quindi eravamo giunti a questo? Per un palestinese nato e cresciuto a Jabalya il primo tema con un ebreo era appurare se fosse un fascista che aveva in mente di eliminarlo.

A quel punto ho iniziato a pensare che era giunta l’ora di andare a vedere di persona cosa erano Israele e la Palestina. Scelsi di farlo da solo, senza contatti, senza agganci in loco, io e il mio fedele zaino da viaggio. Mia madre insistette perché parlassi prima con un’amica di famiglia che c’era stata molte volte. Questa mi spiegò minuziosamente i posti in cui andare e quelli dove non andare. Quelli in cui andare erano quelli sicuri perché “lì c’è pieno di soldati”.

Io avevo già fatto tutto il movimento no global, pensai che avevamo un’idea diversa di cosa è la sicurezza. Quindi arrivai a Gerusalemme e come Philip Roth in Operazione Shylock scoprii subito che nella “patria di riserva” non fregava niente a nessuno che ero ebreo. E ci può stare. Fuori dalle fantasticherie dell’aliyah era un po’ come un argentino di cultura italiana che atterra a Roma e dice “io sono italiano”: embè?

Dunque me ne andai in tutti i luoghi dove mi era stato sconsigliato di andare e – pericolo assoluto – mi addentrai nei territori occupati, a Betlemme, a Ramallah, nei campi profughi, dove fui accolto da gente ospitale e simpatica. E solo soletto me ne andai a porgere i miei omaggi alla tomba di Yasser Arafat.

Ma attraversare quell’inquietante muro di cemento che rende i territori occupati la più grande prigione del mondo – testimonianza concreta della persecuzione – ti ricordava il tuo privilegio di occidentale che se ne può andare in su e giù tranquillamente. E soprattutto ti ricordava con le sue torrette quell’incubo di un campo in Polonia.

Non del tutto contento ci tornai due anni dopo, questa volta con alcuni amici e con un appuntamento con Breaking the silence per andare nei campi profughi a sud di Hebron, quelli in cui è girato No other land, passando per qualche colonia israeliana.

A quel punto inizi definitivamente a capire. Quella non è una “patria di riserva” che sbaglia. Quello è uno stato razzista e colonialista criminale che fonda su basi razziali la sua cittadinanza e il suo diritto a esistere, tenuto in piedi con la forza del dominio e del sopruso e attraversato da orde di squadristi che si chiamano coloni.

È uno stato fascista che si atteggia a democratico attraverso alcune esteriorità occidentali. E che, come facevano i fascisti italiani, pretende che ci sia un’identità tra ebraismo e sionismo, e chi la rigetta è antisemita. Ma io lo sapevo che i fascisti dicevano che erano anti-italiani gli antifascisti. E poi vedi anche che nelle librerie dove vendono libri in inglese – ce ne sono molte – ci sono volumi in bella vista, best seller, dove si spiega che la soluzione finale della questione palestinese è prendersi tutto e fare fuori – in qualsiasi modo – questi scomodi palestinesi.

Ed ora eccoci qui. Davanti a una sequenza di proposte di legge tutte uguali proposte da fascisti o da finti antifascisti che pretendono non solo di dirmi ma di impormi per legge che criticare quello stato è antisemita.

Ma questo è falso. Criticare quello Stato è antifascista. E su questo sarò chiaro. L’unico Stato che conosco che ha diritto a esistere è uno Stato democratico, autodeterminatosi, non nazionalista e nemmeno nazionale, con regole di cittadinanza inclusive e non su basi razziali, etniche, nazionaliste, mitologiche, bibliche. Uno Stato dove non ci sono cittadini di serie A e di serie C (se non ci fossero nemmeno per classe sarebbe meglio, ma questo sarebbe già quell’altro Stato che continuiamo a agognare).

Questo Israele non è non potrà mai essere, perché è uno Stato che fonda il suo diritto di esistere sulla forza, la violenza, l’apartheid, il sopruso, il dominio, la promessa divina.

Di fronte a questo, l’unica proposta democratica è quella di uno Stato solo, che si chiami come si è sempre chiamato quel posto, Palestina, dove fino a quando non sono arrivati dei colonialisti occidentali animati da un’ideologia nazionalista e rapace chiamata sionismo si viveva tranquillamente in pace tra ebrei, mussulmani e cristiani di ogni sorta, tutti palestinesi.

E dire questo non è assolutamente antisemita, perché io continuerò ad avere i miei ninnoli ebraici in casa, e vorrei semmai poter tornare a mangiare il mio uovo sodo a pesach senza dovermi vergognare per il timore di essere accomunato a una banda di criminali che non mi rappresenta ma che pretende fascisticamente di parlare in mio nome, con l’ausilio dei suoi alleati fascisti e finti antifascisti occidentali.

E che mi denuncino pure, zitto non ci sto, né ora né poi. Anzi, mi faranno il piacere di sanzionare per legge che sono un dissidente, elevandomi di status.

 

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4 Commenti


  • Paolo DP

    grazie!
    il problema di fondo è che i sionisti, anche i nostrani, anche se sono rabbini, non sono ebrei.
    hanno aderito a una ideologia di razzismo estremo e allo stesso tempo sono idolatri perché hanno sostituito Dio con lo Stato sionista, il loro vitello d’oro adorato sotto il monte Sinai.


  • Marta Bianchi

    non uno ma ben tre decreti legge fotocopia sono in attesa di essere approvati e fidatevi uno dei tre sarà approvato uno è della lega senatore romeo una altro di forza italia gasparri e il terzo pd del-rio questo tanto per ribadire che ormai destra e sinistra sono diversi solo nel nome e che le frottole sul male minore però quello e meno peggio sono appunto frottole


  • Cecco

    Guardate che l’autore è un altro Stefano Bartolini, non quello che avete indicato linkando Wikipedia. Ma perdere cinque minuti a controllare bene prima di pubblicare, no eh?


    • Redazione Contropiano

      Le verifiche le facciamo sempre… qualche volta si sbaglia…

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