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Per una campagna politica nazionale sull’America Latina

Domenica 14 dicembre, dalle ore 10, si è svolta al circolo Arci GAP a Roma la prima riunione, promossa dalla Rete dei Comunisti, per la costruzione di una Campagna Politica Nazionale con Nuestra America per il Socialismo del XXI Secolo.

L’incontro durato circa 2 ore e mezzo, con collegamenti da remoto, è stato un primo momento di confronto in cui discutere una cornice comune d’impostazione e prefigurare i prossimi passi da sviluppare per dare vita ad campagna vera e propria, che trae forza dalle mobilitazioni del 10 dicembre e dovrà sostanziarsi in concrete azioni a livello locale e nazionale.

Ci sono stati diversi interventi di compagni e compagne latino-americani/e residenti in Italia, originari di Colombia, Ecuador, Perù, Venezuela e Brasile, provenienti da varie città e regioni.

Impossibile sintetizzare il ricco dibattito, ma è giusto riportare alcuni nodi tematici centrali per lo sviluppo dell’attività a venire.

L’esplicito disvelamento dell’orientamento della politica statunitense, con la pubblicazione del National Security Strategy of USA in cui è espressamente dichiarato il ripristino della Dottrina Monroe integrata dal “corollario Trump”, costituisce una vera e propria dichiarazione di guerra per l’America latina per “restaurare la preminenza americana”, cioè statunitense.

L’America Latina, che nell’accezione neo-coloniale statunitense diviene “Emisfero Occidentale”, deve insomma essere riallineata alle catene del valore nord-americane con ogni mezzo necessario, per ripristinare quello scambio ineguale che aveva caratterizzato il dominio imperialista Yankee e perpetuato il  sottosviluppo, invece di una modernizzazione alternativa che ponga al centro i bisogni delle popolazioni anziché gli interessi di multinazionali occidentali e oligarchie locali.

Per fare questo gli USA hanno bisogno di annichilire, o logorare fortemente, le esperienze di transizione socialista che danno un retroterra strategico ed una cornice continentale ad ogni esperienza anche vagamente progressista latino americana.

La capacità di tenuta e rilancio delle storiche esperienze di transizione socialista – Cuba, Nicaragua e Venezuela – è stata sempre nel mirino di Washington. Ora, però, quando la crisi statunitense sembra essere su un piano inclinato difficilmente reversibile, viene affidata una nuova funzione alla parte più oltranzista dell’establishment, che fa della crociata contro le esperienze di transizione socialista una questione di vita e di morte.

Questo porta ad una “politicizzazione” delle contraddizioni ed una estrema polarizzazione che vede sempre più contrapposte,  in ogni singolo contesto nazionale, l’estrema destra oligarchica filo-occidentale  e le forze progressiste (moderate o radicali che siano). Una dinamica che stiamo vedendo all’opera non solo in ambito elettorale. Di fatto, tertium non datur.

Se guardiano la mappa del Sud America, vediamo come sia questa “spaccata” a metà da una specie di diagonale con un nord-est progressista ed un sud-ovest in mano all’estrema destra latino-americana.

Per la strategia USA è vitale iniziare ad imporre nuovamente i propri desiderata in quello che ha sempre considerato il proprio “giardino di casa” e, per converso, diventa vitale per tutto il campo progressista mantenere in vita una prospettiva alternativa a livello continentale, sostenuta dalla solidarietà internazionale.

Per ciò che riguarda le forze che agiscono qui, nel ventre della bestia, la centralità di ciò che avviene in America Latina è fondamentale per far si che una zona di pace non diventi un nuovo teatro di guerra, trasformando tra l’altro l’iper-competività tra blocchi geo-politici in escalation bellica tout court.

È chiaro che in questo contesto vi sono un aggressore (gli Stati Uniti) accompagnati da un complice subordinato (l’Unione Europea), ed un aggredito: il campo rivoluzionario e progressista latino-americano, strenuo difensore di quelle istanze delle popolazione storicamente marginalizzate dalla vita politica e di cui sono stati ignorati i più elementari bisogni.

La lotta a fianco di Nuestra America è quindi una lotta contro la guerra di aggressione, qualunque forma essa prenda, e per la pace.

Anche qui si pone l’obbiettivo di difendere un’ipotesi di sganciamento e di rottura che interloquisca con il mondo multipolare portando avanti le proprie istanze di emancipazione politico-sociale.

Non dobbiamo dimenticare che proprio dall’America Latina è emerso l’anelito di “Un altro mondo possibile”, da sostanziare nell’alternativa socialista dentro un mondo multipolare, policentrico e in pace.

Bisogna essere in grado di parlare a quella porzione di subalterni provenienti dall’America Latina – circa mezzo milione di persone – ed alle giovani generazioni di latinos/as nate e cresciute in Italia, che rischiano di diventare carne da macello nelle guerre che gli Stati dell’Unione Europea stanno preparando con il loro accelerato processo di militarizzazione (si pensi alla leva obbligatoria, reintrodotta in alcuni stati della UE).

È necessario riprendere un lavoro di ampio respiro anche a livello ideologico che da un lato contrasti la costellazione valoriale capitalista in crisi di egemonia e dall’altra faccia conoscere i pilastri dell’emancipazione latino-americana nonché le acquisizioni degli attuali processi di transizione socialista in America Latina, capaci di coniugare la “modernizzazione alternativa” al protagonismo politico delle classi subalterne in forme di socialismo comunitario.

Si rende necessario rompere le complicità con la politica di guerra statunitense, e rendere visibile – nel nostro ridotto nazionale – la filiera logistica che rende possibili le avventure belliche dello “Zio Sam” e del neo-colonialismo europeo, nonché la filiera di interessi economici ad esso collegati del complesso militare-industriale.

Per dare continuità al confronto e sviluppare la campagna viene convocata una nuova riunione online, giovedì 8 gennaio alle ore 20, cercando di allargare ulteriormente la partecipazione, per procedere verso l’organizzazione di iniziative locali di sensibilizzazione, di agitazione/propaganda solidale contro l’intensificarsi dell’aggressione statunitense contro il Venezuela e la Colombia, e altre forme di mobilitazione nazionale che rendano visibile come una parte importante del nostro paese è in grado di mobilitarsi a fianco dell’America Latina così come continua a fare per la Palestina.

E’ chiaro che bisogna lavorare da subito affinché la Campagna nazionale viva e si allarghi. anche per tenere altissima la vigilanza contro possibili precipitazioni belliche, considerato che anche all’interno della cosiddetta sinistra di classe e nei movimenti antagonisti, l’attenzione rispetto a ciò che sta succedendo in America Latina è stata troppo scarsa, con poca comprensione del salto di qualità in atto.

Qui si è spesso mantenuto un approccio “eurocentrico”, teso a sovrapporre la propria visione ai processi di autodeterminazione politica della Patria Grande e dalle alleanze internazionali che gli attori in campo hanno saputo tessere per sganciarsi dal dominio unipolare statunitense o dal neo-colonialismo della UE.

È altresì chiaro che, come abbiamo verificato positivamente nel confronto del 14 dicembre, è fondamentale proseguire e  amplificare il protagonismo dei compagni e delle compagne latino-americane, cui deve essere dato tutto il nostro sostegno nella lotta contro l’aggressione occidentale e l’estrema destra oligarchica latino-americana.

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