25 APRILE 2014 in Piazza S. Spirito
A partire dalle ore 15.00 banchini informativi, musica, interventi, cibo e bevande. Alle ore 17.00 CORTEO fino a Piazza Tasso e ritorno in S. Spirito
Alle ore 20.00 CONCERTO con MENESTRELLO IVANOSKA MALASUERTE FI-SUD
Firenze Antifascista ritiene che sia imprescindibile rimettere a fuoco quale sia il ruolo del fascismo in questa fase per meglio combatterlo ed organizzarsi di conseguenza.
Pensiamo che il fascismo non possa esser ridotto ad un problema culturale, al frutto di ignoranza e assenza di memoria storica ma che sia il prodotto dei rapporti materiali che si sviluppano all’interno della crisi. Il fascismo, storicamente, non ha rappresentato una rottura con il sistema capitalista, ha anzi innalzato il livello di sfruttamento dei lavoratori, di controllo sociale e di autoritarismo e non rappresenta altro che una forma di gestione delle istituzioni politiche ed economiche di cui il capitale può dotarsi in una determinata fase storica. Il fascismo oggi non rappresenta un pericolo per le istituzioni democratiche che anzi, in alcuni casi, lo scelgono come mezzo per contrastare forti mobilitazioni sociali come accaduto in Grecia con Alba Dorata o all’interno dello scontro imperialista come avvenuto in Ucraina dove i neonazisti sono stati addestrati e finanziati dalle stesse istituzioni dell’Unione Europea oltre che dagli USA e della NATO. NAR e Ordine Nuovo in Italia, Alba Dorata in Grecia e ora Settore Destro in Ucraina, sono solo alcuni esempi di come lo Stato, in una determinata fase, arruoli queste strutture tra le proprie fila, per poi ridimensionarle se non addirittura reprimerle nel momento in cui esse esauriscano il loro ruolo. Il fascismo agisce quindi per conto del capitale a difesa dei suoi interessi al pari di altre forze e apparati dello Stato come le forze di polizia, la magistratura e la propaganda mediatica: livelli sicuramente diversi ma che agiscono con una propria coerenza verso un medesimo obiettivo.
La violenza poliziesca continua a colpire tutte quelle esperienze che rappresentano dei punti di riferimento nelle lotte, siano esse antifasciste, operaie o contro lo sfruttamento e la devastazione del territorio: una violenza che si traduce in una metodica militarizzazione del territorio, manganellate, denunce e arresti. Fra i nomi di quelli che oggi addestrano le forze dell’ordine ritroviamo chi ha costruito la propria carriera a partire dalle torture contro i militanti politici negli anni ’80 passando per i fatti di Napoli e Genova nel 2001: non sono forse le stesse istituzioni democratiche ad aver premiato “i loro uomini” per il lavoro svolto? La magistratura invece convalida arresti, dispone continui trasferimenti in regimi di alta sicurezza e condanna a decine di anni di carcere militanti e attivisti colpevoli di non voler abbassare la testa di fronte alle imposizioni di questo sistema. La ”cultura della legalità” che si accompagna alla retorica della “difesa delle istituzioni democratiche” non ha fatto altro che avvallare e legittimare il loro operato che si trattasse di azioni repressive contro militanti politici o quotidiani “abusi in divisa” commessi durante i fermi di polizia per strada, nelle caserme o nelle questure, il tutto coperto dalla più totale impunità.
Ma se questo piano culturale viene fatto proprio in modo acritico e opportunista anche da parte di alcuni settori “di movimento” oltre che dalla sinistra istituzionale, per quanto ci riguarda non possiamo che considerarlo un ulteriore attacco ai valori e alla pratica dell’Antifascismo. Cosa significa “legalità” se non l’accettazione della Legge imposta dallo Stato? Chi oggi sostiene la “legalità”, come può esser solidale nei confronti di chi per esempio occupa una casa? Come può pensare di combattere le leggi antisciopero? Come può dire NO alle scelte degli stessi che legiferano e determinano cosa sia “legale” e cosa “illegale”? Secondo quale logica ci si riempie la bocca con i valori della Resistenza Antifascista ma si definiscono “terroristi” o “violenti” coloro che oggi lottano contro la stessa miseria, sfruttamento e repressione contro cui si sono sollevati i Partigiani di ieri?
Gli antifascisti nel proprio agire non possano prescindere da questo piano e devono porsi il problema di come ribaltarlo. L’Antifascismo non può che maturare e svilupparsi all’interno delle lotte dei lavoratori e di tutti coloro che si battono per una società che superi la logica dello sfruttamento e della guerra. In caso contrario diventa retorico ed inutile alla causa degli oppressi nel loro percorso di emancipazione e liberazione. Solo così l’Antifascismo ed i suoi valori – solidarietà, internazionalismo e lotta di classe -diventano un’arma nelle mani delle classi subalterne nella lotta contro il capitalismo.
CI CHIAMAVANO BANDITI, CI CHIAMANO TERRORISTI, IERI PARTIGIANI OGGI ANTIFASCISTI!
Firenze Antifascista
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