Le avvisaglie si susseguivano da giorni e alla fine la violenza interreligiosa è esplosa nuovamente al Cairo: 12 persone, otto musulmani e quattro copti, sono morte in scontri e sparatorie nel quartiere povero e degradato di Embaba, dove per tutta la notte gruppi contrapposti si sono affrontati attorno alla chiesa di Santa Mina e un’altra chiesa è stata devastata da un incendio. I feriti sono 232. Il governo ha tenuto una riunione straordinaria ed ha annunciato il pugno di ferro contro chi alimenta le tensioni religiose. Centonovanta persone sono state arrestate e deferite alle corti militari e la decisione delle forze armate di reagire con fermezza ha avuto il sostegno dei Fratelli musulmani secondo i quali «forze interne ed esterne stanno lavorando per sabotare la rivoluzione». Le violenze sono state condannate dai vertici islamici. Il gran mufti d’Egitto Ali Gomaa ha invitato «a non giocare con la sicurezza del paese», facendo appello all’unità fra copti e musulmani. Difficile al momento la ricostruzione esatta soprattutto su chi abbia cominciato a sparare, anche se secondo varie testimonianze centinaia di salafiti si sono radunati ieri sera attorno alla chiesa convinti che dentro vi fosse trattenuta una copta che voleva convertirsi all’Islam. Una vicenda molto simile a quella di Kamilia Shehata, per la cui ‘liberazionè da parte della chiesa copta migliaia di salafiti hanno manifestato la scorsa settimana davanti alla cattedrale di San Marco al Cairo. Tutta la zona attorno alla chiesa di Santa Mina è da questa mattina ‘off limits’, controllata dalle forze dell’ordine e dall’esercito. Un coprifuoco è stato imposto nelle strade circostanti fino alle 11 di domani mattina. In mattinata si sono rinnovati tafferugli in zona ma poi la situazione è tornata calma anche se tesa, mentre scontri e sassaiole si sono verificate nel pomeriggio nel centro del Cairo. Migliaia di manifestanti copti lo hanno attraversato, molti issando croci e immagini della Madonna e scandendo slogan per chiedere le dimissioni del capo del consiglio militare Hussein Tantawi. Una violenta sassaiola con giovani musulmani si è scatenata davanti alla sede delle televisione pubblica, prima che la polizia militare intervenisse per dividere i due gruppi. Quest’ultimo episodio di violenza interconfessionale arriva a soli due mesi da un altri violento scontro al Cairo, che causò la morte di tredici persone e la richiesta rinnovata con sempre maggiore insistenza da parte delle comunità copta , che rappresenta circa il 10% degli 80 milioni di egiziani, a una maggiore tutela dei luoghi di culto. Come primo atto il governo, ha annunciato il ministro della Giustizia Abdel Aziz Ghindy, applicherà immediatamente e con fermezza le leggi che puniscono gli attacchi contro i luoghi di culto e la libertà religiosa e che proibiscono manifestazioni nei pressi di chiese e moschee. Anche il Consiglio supremo delle forze armate, che di fatto guida il paese da quando è stato deposto l’ex rais Hosni Mubarak, ha preso posizione affermando che «la stabilità va ristabilita a tutti i costi». «Questi scontri hanno un prezzo per l’economia e lo sviluppo e hanno serie ripercussioni sull’investimento e il turismo in Egitto» ha affermato il Consiglio supremo in un comunicato, dando voce alle paure di molti che in vedono queste violenze ripetute un serio pericolo per la ripresa del paese.
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