Incontentabili e autocentrati, gli israeliani percepiscono come “ostile” ogni discorso che non corrisponda perfettamente a quello del loro governo in carica. Ecco come la stampa locale ha interpretato l’atteso discorso di Obama sul Medio Oriente.
«Braccio di ferro»: questa, secondo alcuni mezzi stampa israeliani, la situazione creatasi ieri fra Stati Uniti ed Israele dopo che il premier Benyamin Netanyahu ha pubblicamente respinto la richiesta del presidente Barack Obama di un ritiro alle linee di demarcazione antecedenti la Guerra dei sei giorni (1967), nel contesto di accordi di pace e con la opzione di scambi di territori con i palestinesi. Secondo Netanyahu – che oggi sarà ricevuto da Obama – quelle linee non sono oggi «difendibili». Yediot Ahronot – che giorni fa aveva anticipato con precisione il contenuto del discorso di Obama, ed era stato smentito pubblicamente da un consigliere del premier persuaso che la notizia fosse infondata – titola oggi a tutta pagina: «Shock nell’ufficio di Netanyahu: Obama vuole privare Israele dei suoi beni». Il filo-governativo Israel ha-Yom definisce come «un senso profondo di delusione» la reazione di Netanyahu al discorso di Obama. «Gli Stati Uniti non comprendono con che cosa dobbiamo cimentarci» lamenta un anonimo collaboratore del premier, riferendosi agli eventi turbinosi nel mondo arabo e all’ inaspettata intesa fra al-Fatah e Hamas in casa palestinese. Maariv scrive da parte sua, nell’imminenza dell’incontro Obama-Netanyahu, che «Israele e Stati Uniti sono ora in rotta di collisione». Toni più ottimistici giungono invece dal quotidiano liberal Haaretz che titola in prima pagina: «Discorso storico di Obama» e poi cita, su due pagine, una frase del presidente: «Uno Stato ebraico e democratico non può coesistere con una situazione di occupazione militare». Una tesi che lo stesso Haaretz sostiene con foga da decenni.
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