Le autorità israeliane hanno dato inizio in questi giorni all’espulsione di migranti africani, in prevalenza originari del Sudan e dell’Eritrea, dichiarati ‘clandestini’.
Alcuni migranti già internati nel campo “di raccolta” di Holot (Neghev) hanno ricevuto ieri l’ordine formale di lasciare Israele entro 30 giorni, altrimenti saranno rinchiusi nella vicina prigione di Saharonim a tempo indeterminato.
In Israele vivono circa 50 mila migranti africani, entrati clandestinamente dopo aver attraversato il confine fra il Sinai egiziano ed il Neghev. Molti quelli uccisi negli anni dalle gruardie di frontiera egiziane che controllano la frontiera sulla base di accordi con Tel Aviv.
A Holot si trovano circa mille migranti africani. Ieri alcuni di loro hanno ricevuto lettere che li spronano ad andare a stabilirsi in un Paese africano che si trova “in fase di espansione” e che è disposto ad offrire loro lavoro. Ad ogni migrante che decide di abbandonare volontariamente il suo territorio Israele si dice disposto a pagare il biglietto aereo, il visto di ingresso ed una cifra procapite di 3.500 dollari. Ma se l’offerta non sarà accolta il migrante rischia l’arresto.
Il quotidiano Haaretz scrive che i migranti sono indirizzati principalmente verso Ruanda ed Uganda. Il giornale sostiene che, contrariamente a quanto prospettato dalle autorità israeliane, è molto dubbio che i migranti riescano ad inserirsi in maniera produttiva in quelle società.
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