Bombardamenti (ormai) a tappeto della Nato su Tripoli, gli insorti proclamano di aver conquistato «4 città» sulle montagne del Nafusa, ovest libico, e quindi di aver realizzato «un grosso passo verso la capitale». Ieri la Camera Usa ha votato (286-145) una risoluzione dei repubblicani in cui si chiede a Obama di evitare qualsiasi azione militare in Libia (intelligence, logistica, droni a parte), ma soprattutto di non coinvolgere truppe Usa di terra senza il sì esplicito dei deputati. Il protrarsi della guerra comincia a destare preoccupazioni. In questo senso va la voce del Corriere della sera secondo cui l’Onu avrebbe pensato a Romano Prodi per un ruolo di mediazione. Prodi ha smentito e anche l’Onu che ha già il giordano Abdelilah al Khatib quale (inutile) mediatore e pensa di chiedere al britannico Ian Martin (ex segretario di Amnesty) di «studiare le opzioni per la riconciliazione». Il 15 l’Unione africana presenterà in Consiglio di sicurezza un rapporto sulla situazione libica e sulle «possibili opzioni». Ultima «chicca»: Eman al Obeidi, la donna che in marzo denunciò alla stampa straniera di Tripoli di essere stata violentata dai gheddafiani e che poi trovò asilo in Qatar, è stata caricata a forze dalle forze qatariote e rispedita «contro la sua volontà» a Bengasi. L’Onu, che le aveva concesso lo status di rifugiato», ha parlato di «violazione del diritto internazionale» e ha protestato.
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