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Contratti. Zapatero uguale a Sacconi

Il governo “socialista” del premier Josè Luis Zapatero ha approvato oggi un decreto legge sulla riforma della contrattazione collettiva dopo il fallimento delle trattative fra sindacati e imprenditori sulla questione. La nuova normativa, che sarà sottoposta durante l’estate al parlamento, che dovrebbe introdurre diverse modifiche, prevede fra l’altro che gli accordi collettivi raggiunti in seno a ogni impresa avranno «priorità applicativa» rispetto a quelli settoriali nazionali o regionali su sei questioni sostanziali: stipendi, straordinari, orario di lavoro, qualificazione professionale, modalità contrattuali e conciliazione fra vita lavorativa e personale. Praticamente tutto. Non si capisce cosa, a questo punto, dovrebbe essere contrattato a livello nazionale.

Il decreto legge prevede inoltre che mediazioni e arbitrati, quando non sarà possibile raggiungere un accordo fra impresa e dipendenti sul rinnovo di una convenzione collettiva, e dopo che saranno stati esauriti i tempi della trattativa normale, avranno un carattere vincolante. I tempi massimi per il rinnovo di un contratto collettivo è stato ridotto fra 8 (per le convenzioni con durata fino a 2 anni) e 14 mesi (per gli accordi di durata superiore), ha inoltre indicato il ministro del lavoro Valeriano Gomez.

Non sfuggirà a nessuno, crediamo, che queste “riforme” sono praticamente identiche in ogni paese  e sembrano decisamente far parte del pacchetto di “misure” tese a restituire alle imprese europee una “competitività” globale impossibile: quella basata sul basso prezzo della forza lavoro.

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