Dopo gli inglesi, non potevano mancare i cugini d’oltralpe (inutile attendere simili notizie dall’Italia: la nostra stampa mainstream è molto meno libera di quando non si racconti da sola). I “dittatori” sono sempre ottimi amici fin quando un interesse non prevale sugli altri. Se l’interesse si chiama petrolio e 150 miliardi di “fondo sovrano” depositato in banche occidentali, beh, i “diritti umani” e la “protezione dei civili” tornano improvvisamente in primo piano.
Quella che segue è una normale agenzia Ansa.
Nuovi dettagli arricchiscono la spinosa vicenda, venuta a galla la settimana scorsa, su un presunto appoggio dei servizi segreti francesi agli 007 del regime di Muhammar Gheddafi per tenere sotto controllo i dissidenti. Ma Parigi minimizza.
Secondo quanto si legge sul giornale satirico Le Canard Enchainè, sempre molto ben informato sui retroscena della politica transalpina, un gruppo di ufficiali dell’intelligence, su richiesta del presidente Nicolas Sarkozy, ha vegliato – dal luglio 2008 al febbraio 2011 – sulla messa a punto degli equipaggiamenti di spionaggio elettronico venduti a Gheddafi da diverse aziende francesi, ma anche di Usa, Cina e Sudafrica. Già il 10 giugno, il sito ‘Owni’, seguito da ‘Mediapart’, parlava di una collaborazione tra 007 e dell’aiuto che il colonnello aveva chiesto alla Francia.
Il 29 agosto, il ‘Wall Street Journal’ è tornato sulla vicenda, descrivendo l’interno dei ‘centri di sorveglianza elettronica’ di Tripoli, abbandonati dopo la caduta del regime, dove sono stati trovati alcuni equipaggiamenti con la sigla della società francese Amesys, controllata dal gruppo Bull. Quest’ultima avrebbe fornito agli agenti libici il sistema ‘Eagle’. Un dispositivo che ha consentito loro di passare al setaccio conversazioni telefoniche, email e social network, in pratica tutte le attività online. Il tutto con la ‘supervisionè degli agenti transalpini.
Allo stesso modo, continuava il Wsj, il regime ha avvicinato altre società come Narus, filiale del costruttore aeronautico americano Boeing, specializzata nel software di protezione contro la pirateria informatica. Mentre la cinese ZTE ha venduto la sua tecnologia al regime libico per operazioni di sorveglianza. Inoltre una piccola azienda del Sudafrica, VasTech SA Pty Ltd, ha aiutato gli uomini del rais a intercettare le telefonate internazionali.
«Il nostro contratto è stato firmato nel quadro di un riavvicinamento diplomatico con la Libia che aveva lo scopo di combattere il terrorismo e Al-Qaida», si difendono i reponsabili della società Amesys, che secondo il Canard Enchainè non può aver consegnato il suo materiale a Gheddafi senza l’ok del governo e dell’Eliseo.
Della vicenda si occupa oggi anche il quotidiano Le Monde. Peter Bouckaert, che indaga per l’Ong Human Rights Watch (HRW) in Libia, ha infatti dichiarato al giornale che oltre ai dossier che riguardano le presunte ‘rendition’ illegali di prigionieri in Libia da parte di Usa e Regno Unito (il premier David Cameron ha ordinato l’apertura di un’indagine), sono stati ritrovati negli uffici dei servizi libici alcuni dossier «denominati ‘Francia’, ‘Italia’, ‘Germania’ e ‘Austri’, di cui HRW si appresta a studiare il contenuto.
Intanto, Parigi corre ai ripari. Interpellato dal quotidiano Le Monde, il ministero degli Esteri sembra voler distinguere l’azione degli 007 francesi da quella degli omologhi di Usa e Gran Bretagna. «Abbiamo proceduto ad accurate verifiche. Non abbiamo trovato alcuna traccia di una partecipazione francese nel trasferimento di cittadini libici verso il loro Paese d’origine». Mentre l’Eliseo non commenta.
Lunedì scorso, tuttavia, i consiglieri di Sarkozy hanno chiesto all’intelligence di verificare se ci fosse la minima «traccia» di una partecipazione francese alle ‘rendition’. Nessun riferimento, invece, alla consegna di tecnologie per controllare i dissidenti. La Francia, così come le altre potenze occidentali, ha sempre giustificato la cooperazione con i servizi segreti libici con la necessità di combattere il terrorismo.
Cpme già per gli inglesi, ripetiamo qui che tutto ciò non torna davvero a favore di un’immagine del Colonnello come “leader antimperialista”…
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