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Russia. Putin accusa gli Usa di fomentare le contestazioni

Il premier russo Vladimir Putin ha accusato il segretario di Stato Usa Hillary Clinton di aver fatto conclusioni precoci sulle elezioni russe e di aver mandato segnali all’opposizione fomentando le contestazioni. Il premier russo ha poi ribadito che centinaia di milioni di dollari in fondi stranieri sono stati usati per influenzare le elezioni. “Siamo obbligati a difendere la nostra sovranità e bisogna pensare a come rafforzare la responsabilità di coloro che adempiono ai compiti degli Stati stranieri per influenzare i processi della politica interna russa”, ha spiegato Putin, incontrandosi con gli attivisti del suo partito. Mosca si prepara intanto ad una nuova manifestazione di protesta per sabato prossimo in piazza Revolutsii, vicino alla piazza Rossa, nel giorno in cui saranno annunciati ufficialmente i risultati ufficiali del voto legislativo del 4 dicembre, ritenuto falsificato dalle opposizioni. Il Comune ha autorizzato il raduno solo per 300 persone ma su Facebook sono arrivate oltre 20 mila adesioni. Contro il «voto-farsa» si sono tenute diverse manifestazioni a Mosca (circa 850 arresti finora), San Pietroburgo e in altre città della Russia. La capitale è presidiata nei punti sensibili.

Gli effetti dell’incertezza politica in Russia si fanno sentire anche sull’economia. La banca russa Vneshekonombank è stata costretta a rinviare l’emissione di euro-obbligazioni sullo sfondo delle proteste contro i risultati del voto legislativo del 4 dicembre. Lo rende noto il quotidiano Kommersant, ricordando che nei giorni scorsi la Borsa russa aveva risentito degli effetti delle manifestazioni di piazza.

Oggi intanto è l’anniversario della dissoluzione dell’Urss. Venti anni fa l’incontro tra i leader di Russia, Bielorussia e Ucraina nella riserva naturale bielorussa di Belovezhskaia Pusha nel 1991 e la firma dell’accordo per creare la Comunità di Stati Indipendenti (Csi), sancì di fatto la morte dell’Unione Sovietica. Protagonisti di quel patto gli allora presidenti russo Boris Eltsin, ucraino Leonid Kravciuk e bielorusso Stanislav Shushkevic. La tragedia dell’allora presidente dell’Urss Mikhail Gorbaciov ebbe il suo epilogo la sera del 25 dicembre dello stesso anno quando firmò le dimissioni e lasciò a Eltsin la sua scrivania. Al Cremlino la bandiera rossa fu sostituita con il tricolore russo. Ma già l’8 dicembre, dopo il colloquio telefonico tra Eltsin e George Bush, l’allora segretario di stato americano James Baker dichiarò trionfante: “L’Urss non esiste più” e iniziava la fase dell’egemonia unilaterale statunitense.

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