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Usa. Clienti Apple solidali con lavoratori in Cina

Da Washington a San Francisco passando per New York, fino a Londra e Sidney, una dozzina di negozi Apple di tutto il mondo sono oggi teatro di una serie di manifestazioni. Per una volta però non si tratta dei fan in coda per l’ultima creazione tecnologica della casa di Cupertino. L’obiettivo è infatti protestare sul modo in cui le società fornitrici estere del marchio della mela trattano i propri dipendenti.

Alcuni gruppi di consumatori si sono recati negli Apple-store consegnando le petizioni con le quali si chiede la riforma delle condizioni di lavoro nelle fabbriche gestite dai fornitori Apple in Cina e in altre sedi estere. A New York l’appuntamento era nel nuovo negozio di Grand Central Station, dove un gruppo di persone ha consegnato la petizione al responsabile del negozio. «Sono un fan dei prodotti Apple ma eticamente non posso sostenere oggetti che danneggiano le persone addette alla produzione», ha detto Shelby Knox, uno dei membri del sito di attivisti Change.org.

Il creativo Mark Shields, cliente abituale di Apple, si è detto scioccato nell’apprendere le condizioni nelle quali lavorano i dipendenti che producono componenti per i prodotti della Mela, e ha deciso di lanciare una petizione che ha raccolto circa 200.000 firme. Uno sforzo parallelo è stato effettuato da SumOfUs.org, che ha messo insieme altre 50.000 firme.

La risposta di Apple è arrivata attraverso la dichiarazione di un portavoce della compagnia, che ha ribadito quanto detto qualche settimana fa circa l’impegno dell’azienda per monitorare i propri fornitori d’oltreoceano: «Ci preoccupiamo per ogni singolo lavoratore – ha fatto sapere – e insistiamo sul fatto che i nostri fornitori devono offrire un ambiente sicuro trattando i dipendenti con dignità e rispetto». Ma la casa di Cupertino questa volta sembra non aver convinto il suo pubblico, che si è mobilitato dopo lo scandalo della fabbrica di Foxconn, in Cina, uno dei principali fornitori Apple, dove è emerso che i lavoratori lavoravano in condizioni durissime e venivano pagati pochi dollari per svolgere turni massacranti.

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