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Bahrein. Represse le manifestazioni. Dimostranti accusano gli Usa

Le forze armate del regime del Bahrain hanno attaccato i manifestanti pacifici che da dieci giorni davano vita ad un sit-in di protesta nei pressi della capitale. Gli organizzatori della protesta accusano gli Stati Uniti di sostenere le forze del regime nella repressione.
Giovedì le forze di sicurezza governative si erano scagliate sui manifestanti che si erano raccolti a Manama arrivando anche da altre città e villaggi, per chiedere la caduta della famiglia regnante Al Khalifa .
I manifestanti sono intenzionati a continuare le manifestazioni fino al 14 febbraio, il giorno che segna l’inizio della protesta popolare iniziata appunto un anno fa e stroncata nel sangue dall’intervento e stroncata nel sangue dall’intervento congiunto degli emirati del Golfo nel marzo del 2011 e che il governo di Ryad defini di difesa degli interessi nazionali. Al pari delle altre aree monetarie che si sono date un assetto istituzionale, anche il polo delle petro monarchie riunito nel Gulf Cooperation Council e si è dotato di strutture comuni tra questi il Peninsula Defense Shield, un esercito comune in gado di intervenire sul fronte esterno e come nel caso della rivolta nel Barhein in quello interno.
Dal 27 agosto 1975 il Barhein vive sotto stato d’emergenza in seguito alla decisione della famiglia regnante Al Khalifa di sospendere “temporaneamente” la costituzione approvata solo due anni prima, da allora la libertà di stampa di associazione e politica sono state messe sotto una rigida tutela .
Ma dall’inizio del 2011, Il paese è percorso da proteste che si muovono su tre principali elementi di contraddizione, la redistribuzione della ricchezza, l’assenza di libertà politica e la divisione sociale e religiosa. Gli sciiti rappresentano il 70% della popolazione e rivendicano maggior spazio nella società e spingono per un allargamento democratico, Al Wefaq, il principale Partito sciita del Barhein tra i maggiori soggetti politici del paese è tra i principali motori dell’opposizione.o dimessi dal parlamento nazionale.

I leader della protesta hanno accusato gli Stati Uniti di sostenere il regime di Manama nella sua politica repressiva ed hanno pubblicato le foto che mostrano istruttori militari statunitensi mentre addestrano forze del regime del Bahrain alle tecniche antisommossa.
 L’anno scorso, sotto la pressione dei gruppi per i diritti umani, Washington ha deciso di sospendere la vendita di armamenti per 53 milioni di dollari al Bahrain, ma solo una settimana fa da Washington è trapelata la notizia che Obama ha sbloccato la fornitura di armi .

Nel momento in cui più forte si fa la protesta popolare nell’emirato che ospita la Quinta Flotta, questo riceve una importante fornitura d’armi che suggella l’alleanza tra USA, la dinastia Al Khalifa e le petromonarchie del GCC . Per il prossimo periodo l’Arabia Saudita ed il Barhain hanno previsto di investire o hanno già impegnato ben 120 miliardi di dollari per acquistare forniture militari dagli USA. Questa autentica corsa al riarmo ci dice che le leadership statunitensi e del GCC, si stanno attrezzando ad esercitare il primato della forza nell’area a scapito dell’Iran e della Siria, non senza aver messo a parte Israele. Guardando la realtà con gli occhi cinici del mercato, la guerra consente di rimettere in moto l’economia in crisi, a questo vanno aggiunti il bottino delle risorse energetiche e la normalizzazione dell’area.



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