«Sono passati tre anni e mezzo dai giorni più bui della crisi finanziaria e l’economia americana è ancora lontana dall’essersi completamente ripresa dagli effetti». Il presidente della Federal Reserve statunitense, Ben Bernanke, smorza molti facili ottimismi.
I costi umani e finanziari della crisi mettono secondo lui in luce il bisogno di adottare tutte le misure necessarie per evitare che gli eventi degli ultimi anni si ripetano. Ma è proprio su questo fronte che le sue proposte, così come quelle che a intervalli regolari vengono avanzate da economisti di differenti scuole, si rivelano fragili e velleitarie.
È infati semplice schierarsi a favore di più regole e di una maggiore supervisione per evitare di sottoporre il sistema finanziario e l’economia a nuovi rischi. Ma l’indicazione si ferma poi a una sorta di “autoregolamentazione” – il mercato finanziario è l’unico davvero globale e in tempo reale, sfuggente a qualsiasi “costrizione regolatoria” – che lascia il tempo che trova.
Nche ieri, per esempio, Bernanke ha ripetuto l’invito a imporre più norme per l’industria dei fondi monetari, che continua a essere oggetto di ondate di panico nonostante le nuove regole, e per le banche ombra, che rappresentano uno degli angoli più oscuri del sistema. Ma nel Congresso Usa – per non parlare dei parlamenti di paesi ben meno importanti – le lobby finanziarie hanno un potere sconfinato di pressione.
«Nei decenni che hanno preceduto la crisi finanziaria, la politica della stabilità finanziaria tendeva a essere oscurata dalla politica monetaria» mette in evidenza Bernanke, secondo il quale con la crisi, invece, la politica della stabilità finanziaria ha acquisito grande importanza ed è ora considerata sullo stesso livello della politica monetaria. La Fed – assicura Bernanke – è ben attrezzata per svolgere i nuovi compiti che le sono stati riconosciuti, fra i quali la supervisione delle maggiori istituzioni finanziarie non bancarie.
«Abbiamo aumentato i nostri sforzi di sorveglianza negli ultimi anni. Il nostro obiettivo è quello di avere la capacità di seguire gli eventi in tutti i segmenti del sistema finanziario, inclusi quelli in cui i dati a disposizione sono pochi e quelli di più recente sviluppo». Proprio qui, del resto, può essere individuato il limite delle politiche regolative statuali: intervengono sul sistema finanziario che si conosce, ovvero quello “ereditato dal passato”, ma non riescono neppure a vedere per tempo il formarsi di meccanismi nuovi, che danno continuamente vita a enclave deregolamentate.
Ciò nonostante, anche la Fed non trova di meglio che “raccomandare” un approccio amichevole. L’innovazione finanziaria – osserva Bernanke – va seguita. «La stabilità del sistema è molto importante e c’è spirito di cooperazione fra le autorità di regolamentazione globali». Ma è come mettere un colore a un camaleonte.
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