Si chiama Shahed Hussain uno dei più prolifici e contestati informatori usati dall’Fbi nei casi di terrorismo dopo l’11 settembre. Negli ultimi 10 anni, infatti, il 55enne, con la copertura di un ricco agente di un gruppo terroristico pakistano, ha partecipato a moltissime operazioni della polizia federale statunitense. Non solo i gruppi per i diritti civili lo hanno descritto come «un agente provocatore» ma recentemente anche un giudice distrettuale ha messo in discussione la sua onestà e i metodi usati dall’Fbi. «Sono convinta senza ombra di dubbio che non ci sarebbe stato nessun crimine se il governo non l’avesse istigato, pianificato e portato a termine» ha detto il giudice Colleen McMahon nel condannare per terrorismo quattro uomini arrestati in un’operazione condotta con Hussein. E le carte processuali confermano che la tattica usata dall’Fbi dopo l’11 settembre è stata proprio quella di controllare, e affiancare appunto con agenti tipo Hussein, i sospetti sin dall’inizio del complotto, arrivando a fornire i mezzi per realizzarlo e quindi arrestarli. Dal 2001 ad oggi vi sono stati 138 casi di terrorismo in cui sono stati utilizzati informatori, 51 dei quali negli ultimi tre anni. E, secondo le stime del Center on National Security della Fordham Law School, il 91% dei questi casi si sono conclusi con la condanna degli arrestati.
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