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Afghanistan. Attacchi a terra e un elicottero caduto

Tre soldati australiani sono stati uccisi, e altri due feriti, da un uomo che indossava l’uniforme dell’esercito afghano, in un altro episodio dei sempre più frequenti attacchi “verde su blu”, termine si riferisce al codice convenzionale: blu per le forze Isaf e verde per quelle afghane. L’attacco è avvenuto verso le 22:30 di ieri (ora locale) in una base nella provincia meridionale di Uruzgan.

Circa 1500 soldati australiani operano in Uruzgan come parte della Forza di Assistenza Internazionale alla Sicurezza (Isaf). Il numero di attacchi “verde su blu” ha registrato un’impennata quest’anno, con 15 militari della coalizione uccisi solo in agosto e 45 quest’anno, più del totale del 2011.

Il nuovo attacco è stato confermato anche da un comunicato dell’Isaf diramato oggi a Kabul, in cui si indica che sulla vicenda è stata aperta una inchiesta. I casi di ‘Green on Bluè sono stati quest’anno almeno 34, con un totale di 45 vittime, molte delle quali americane.

Su un altro fronte, un elicottero Isaf si è schiantato oggi nell’Afghanistan meridionale causando la morte di due militari stranieri. Lo ha reso noto la stessa Isaf a Kabul. In un comunicato si indica solo che «le cause dell’incidente sono al centro di una inchiesta» e che «secondo i rapporti operativi, non c’era attività nemica nella zona nel momento in cui il velivolo è caduto». I soldati stranieri morti in Afghanistan sono, secondo un calcolo non ufficiale della ong casualties.org, 53 dal primo agosto e 319 dall’inizio dell’anno

Lo scorso anno sono stati uccisi in attacchi “green on blu” quattro australiani e dieci sono rimasti feriti. Secondo il comandante delle forze internazionali gen. John Allen, solo il 25% circa di tali attacchi è dovuto all’infiltrazione di talebani, e il resto a disaccordi, animosità verso le forze alleate o motivi personali. Sembra un tentativo di minimizzazione piuttosto ridicolo di quella che appare invece una strategia talebana che, soprattutto, mina alla radice la possibilità di “afghanizzazione” del conflitto, perché vede nell’esercito “regolare” un terreno di guerra anziché uno strumento di controllo.

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