Riconosciuto colpevole di attentato alla sicurezza dello Stato e incitamento alla repressione dei manifestanti, è stato condannato a morte Ahmed Ibrahim, ministro dell’Istruzione e dell’Informazione durante il regime di Muammar Gheddafi. Il verdetto è stato emesso da un tribunale penale di Misurata e si tratta della prima condanna capitale decisa nei confronti di un esponente del regime destituito nel 2011 dopo l’intervento della Nato.
Ibrahim era stato catturato a Sirte, città nativa di Gheddafi. L’ex ministro, alto dirigente dei ‘Comitati rivoluzionari’, è stato anche ritenuto responsabile della creazione di alcune bande armate tra gli abitanti di Sirte per combattere i ribelli islamisti. Le nuove autorità libiche mettono le procedure giudiziarie a carico della famiglia Gheddafi e dei suoi sostenitori al centro delle priorità politiche di Tripoli, ma difensori dei diritti umani sono preoccupati per il mancato rispetto delle norme internazionali nello svolgimento dei processi. Entro la fine del mese di agosto si dovrebbe aprire quello di Saif al-Islam, figlio dell’ex dittatore libico. Ribadendo che la Libia non lo consegnerà alla Corte penale internazionale, il primo ministro Ali Zeidan ha assicurato che Saif al-Islam avrà “un processo equo”. E’ stata anche respinta la richiesta della Corte dell’Aia di processare l’ex capo dei servizi segreti libici, Abdallah el Senoussi.
Intanto però il paese è allo sbando. Tanto che hanno registrato un crollo del 70% le esportazioni di petrolio, segnando un picco storico negativo: è stato il primo ministro Ali Zeidan durante una conferenza stampa a Tripoli, a confermarlo. Il collasso delle esportazioni è stato attribuito dal capo del governo a “gruppi che per protesta hanno chiuso i porti di Ras Lanuf, Zueitina, al-Sedra e al-Hariga”. Ad incrociare le braccia sono per lo più agenti di polizia e guardie di frontiera che rivendicano il pagamento di stipendi arretrati e chiedono il re-insediamento del capo delle Guardie degli impianti petroliferi dimissionario.
Ad oggi la Libia esporta soltanto 330.000 barili al giorno contro una media di 1,42 milioni negli ultimi mesi. I dati sono stati diffusi dal ministro del Petrolio, Abdelbari al-Aroussi, precisando che attualmente il terminal di Zwaiya (ovest) è l’unico in funzione. Ma il blocco degli impianti di produzione e esportazione del greggio viene anche imputato a non meglio identificati “uomini armati che da martedì hanno costretto a fermare le attività” ai porti di Ras Lanuf e al-Sedra così come ad al-Hariga, nell’est della Libia.
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