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Sri Lanka: esercito spara sulla folla che protesta contro inquinamento

La sanguinosa repressione da parte dell’esercito dello Sri Lanka di una manifestazione per il diritto all’acqua potabile nei pressi della capitale Colombo ha suscitato oggi un coro di denunce della comunita’ internazionale, delle associazioni di difesa dei diritti umani e anche della Chiesa locale.
Almeno tre persone (ma alcune fonti parlano di sei) sono state uccise il primo agosto scorso quando l’esercito ha sparato per disperdere una folla di circa 5 mila dimostranti nella cittadina di Weliweriya. I residenti protestavano contro una fabbrica accusata di inquinare l’acquedotto locale. Tra le vittime c’é anche uno studente di 17 anni. Secondo diverse testimonianze raccolte dalla stampa locale, i militari hanno aperto il fuoco sui manifestanti, comprese le donne e i monaci buddisti che avevano preso parte al corteo pacifico. Hanno anche aggredito i giornalisti locali e impedito loro fotografare o filmare la brutale repressione. Hanno perfino sparato contro alcuni che si erano rifugiati in una chiesa. L’esercito, intervenuto su richiesta della polizia locale, ha detto che nel corteo si erano infiltrati ”elementi pericolosi armati di bottiglie incendiarie” e che quindi é stato necessario intervenire con la forza. Un portavoce ha aggiunto che anche cinque militari sono stati feriti.
Il generale Daya Ratnayake, durante il suo discorso di investitura a capo delle forze armate, ha annunciato l’avvio di un’indagine interna affidandone però il compito all’ex generale Jagath Dias, un veterano della guerra contro i ribelli tamil e sospettato di violazioni durante l’ultima fase dell’offensiva del 2009 nel nord est dell’isola che portò al massacro di migliaia di guerriglieri. 

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