Il 13 settembre 1993, nel prato sud della Casa Bianca, furono firmati gli Accordi di Oslo, con Bill Clinton ridotto a fare la parte di maestro di cerimonia. Gli accordi, infatti, erano stati negoziati e siglati in gran segreto a Oslo senza coinvolgere gli USA. “Storica” venne definita, naturalmente, la stretta di mano tra il primo ministro Yitzhak Rabin (che goffamente manifestò tutto il suo imbarazzo) e il presidente Yasser Arafat. Gli accordi erano composti da due parti:
- il mutuo riconoscimento tra Israele e l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP)
- una dichiarazione di principi che prevedeva un periodo di transizione di cinque anni senza chiari impegni da parte israeliana sulla natura dell’accordo definitivo
L’accordo definitivo non è mai stato raggiunto, la transizione prosegue e il tutto si è trasformato nella cosiddetta industria del processo di pace, interessata solo al “processo”, ma dimentica della “pace”. È la storia tragica della soluzione due popoli-due stati, un colossale imbroglio propagandistico, che ha permesso agli israeliani di proseguire, indisturbati, la costruzione di insediamenti in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Ma malgrado l’evidenza della morte della soluzione due-stati, (molto è stato scritto in proposito e basterebbe la lettura dei Palestine Papers, www.ism-italia.org/2013/08/karma-nabulsi-e-i-palestine-papers , 1.600 verbali delle trattative israelo-palestinesi, pubblicati all’inizio del 2011 da The Guardian e da Al Jazeera, per comprendere che il tutto è stato una farsa ai danni del popolo palestinese), il mantra two-states (la soluzione sionista per eccellenza) continua a godere del sostegno acritico dei governi occidentali, dei politici, dei media e anche di alcuni settori dei movimenti di solidarietà con la Palestina. Non si va da nessuna parte se Israele e il mondo occidentale, per dirla con Ilan Pappe, non riconoscono il peccato originale della pulizia etnica della Palestina del ’47-’48, che continua in modo strisciante ai nostri giorni in Cisgiordania, mentre nella Striscia di Gaza è in corso un genocidio. Non si va da nessuna parte se si vuole ignorare che il sionismo, che ha portato alla costituzione dello Stato di Israele, è un movimento coloniale di insediamento che ha avuto, da sempre, l’obiettivo di espellere tutti i palestinesi dalla Palestina storica. Gli accordi di Oslo furono duramente contestati all’interno dell’OLP dal Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) e dal Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina (FDLP) e all’esterno da Hamas e dal Jihad Islamico. Si opposero anche figure molto popolari come il ministro degli esteri dell’OLP, Farouk Kaddumi, Edward Said e Mahmoud Darwish. Edward Said ebbe a dire che l’OLP da movimento di liberazione nazionale si era trasformato in una specie di giunta comunale con lo stesso gruppetto di persone al comando. È sufficiente conoscere le posizioni dei partiti israeliani (www.ism-italia.org/2013/08/il-governo-israeliano-e-la-soluzione-due-stati ) per rendersi conto che solo per le pressioni del signor Kerry, dopo mesi di incontri a vuoto, è stata accettata la ripresa dei negoziati. I “negozianti” sono i noti Saeb Erekat e Tzipi Livni, un ex agente del Mossad. Livni, nel 2007, spiegò ai negoziatori palestinesi che il diritto internazionale non doveva costituire un riferimento nei negoziati: “Io sono il ministro della giustizia, ma sono contro la legge e in particolare contro quella internazionale”. Tra qualche settimana non se ne parlerà più, mentre proseguirà la pax economica tra i collaborazionisti dell’ANP e il governo israeliano. Il 30 marzo 2012, Marwan Barghouti, dalla prigione israeliana nella quale è recluso dal 2002, ha chiesto la fine di ogni negoziato, la fine della collaborazione tra polizia palestinese e esercito israeliano di occupazione e ha lanciato la terza Intifada. La decolonizzazione etica della Palestina storica è l’unica soluzione, giusta e duratura, della questione israelo-palestinese.
ISM-Italia, 20 agosto 2013
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