“Inquietudine per le ripercussioni negative involontarie delle politiche monetarie di alcuni paesi sviluppati” sono state espresse al vertice del G20 di San Pietroburgo dai Brics (Brasile, Russia, Cina, India, Sudafrica), le economie emergenti che rappresentano più di un quarto delle ricchezze nonché il 40% della popolazione del pianeta.
Nel comunicato diffuso al summit russo, i Brics fanno riferimento alla politica della banca centrale statunitense – la Federal Reserve (Fed) – pur senza menzionarla esplicitamente, chiedendo “misure calibrate con precauzione e comunicate in modo chiaro”.
“Gli Stati Uniti dovrebbero essere coscienti delle ripercussioni della loro politica e assumersi le loro responsabilità per quanto riguarda la stabilità dell’economia mondiale” ha osservato il vice-ministro cinese delle Finanze, Zhu Guangyao. Per Zhu, “i Brics non hanno bisogno di un piano d’aiuto ma di riforme strutturali”. Anche il Sudafrica nei giorni scorsi si era espresso contro le decisioni “basate sui soli interessi nazionali, che possono avere gravi conseguenze sulle altre nazioni”. Secondo esperti della società di ricerca Ihs Global Insight, 44 miliardi di dollari hanno lasciato i mercati emergenti negli ultimi tre mesi e il fenomeno è appena all’inizio. Dall’inizio dell’anno la rupia è crollata di circa il 25% in India, il real del 15% in Brasile, il rublo del 10% in Russia.
I Brics hanno peraltro sottolineato i progressi ottenuti sulla strada per la creazione di istituzioni indipendenti, una banca di sviluppo dotata in fase iniziale di 50 miliardi di dollari per finanziare investimenti e riserve valutarie comuni per 100 miliardi di dollari. La Cina contribuirà con 41 miliardi, Brasile, India e Russia con 18 miliardi ciascuno, il Sudafrica con 5.
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