“Coloro che difendono i diritti umani in Honduras rischiano ormai la vita. I dirigenti indigeni che proteggono i diritti dei loro popoli sono particolarmente colpiti”: così Nancy Tapia Torrado, attivista per i diritti umani con Amnesty International, si è riferita agli attivisti Bertha Cáceres, Tomás Gómez e Aureliano Molina, accusati di “usurpazione, coercizione e danni prolungati” per essersi schierati contro il mega-progetto idroelettrico di Agua Zarca che la società cinese SinoHidro porta avanti nella terra degli indigeni Lenca, nel dipartimento di Initibucá (200 km a ovest di Tegucigalpa).
Con una sentenza duramente criticata da diverse organizzazioni della società civile nazionali e internazionali, mentre si avvicinano le elezioni presidenziali di novembre, per aver condotto una costante mobilitazione contro il progetto lungo il Río Blanco, nel fine-settimana a Cáceres, presidente del Consiglio delle organizzazioni popolari e indigene dell’Honduras (Copinh), è stato inflitto il carcere, a fronte di una denuncia presentata da SinoHidro. Sanzionati ugualmente anche Gómez e Molina che dovranno restare lontani dai cantieri.
I Lenca si battono contro la centrale idroelettrica temendo danni devastanti all’ecosistema del Río Blanco e invocando la Convenzione 169 dell’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo/Oil) chiedono di essere consultati prima di dare il via a progetti energetici o minerari nei territori in cui vivono le loro comunità.
Il governo del presidente uscente Porfirio Lobo ha autorizzato la società cinese a costruire sostenendo che l’area di Río Blanco non è territorio indigeno; ha anche inviato i militari – come denunciato da Cáceres – con la cosiddetta Operación Libertad, per proteggere i cantieri. Il 16 luglio scorso un indigeno Lenca è morto e suo figlio piccolo è rimasto ferito quando i soldati hanno aperto il fuoco contro una manifestazione di protesta.
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