Il governo cubano è stato tra i primi al mondo a sviluppare la ricerca sulle fonti rinnovabili e ad incentivare l’uso delle energie alternative. Ora, fallito in parte il tentativo delle prospezioni petrolifere in acque profonde, Cuba ha deciso di concentrarsi sulle energie rinnovabili e migliorare la produzione di greggio con pozzi sulla terraferma, a causa del diminuito interesse delle grandi imprese straniere all’off-shore.
Alla promozione di energie alternative il governo pianifica infatti di destinare nell’arco dei prossimi 15 anni circa 3,6 miliardi di dollari (un’enormità se si pensa che l’isola conta solo pochi milioni di abitanti), come annunciato di recente dal vice presidente e membro dell’ufficio politico del Partito comunista cubano (Pcc), Marino Murillo.
A fronte di una grande quantità di petrolio di più facile accesso in diverse regioni del pianeta e anche a causa dei persistenti ostacoli posti dall’embargo statunitense, quasi tutte le imprese straniere coinvolte nel 2012 in diversi tentativi di perforazione in acque profonde, fatta eccezione per la norvegese Statoil e la venezuelana Pdvsa, si sono ritirate. E che il settore non interessi più sembra dimostrato anche dalla decisione della compagnia statale russa Rosneft e della Chinese National Petroleum Company (Cnpc) di limitarsi ad aiutare L’Avana ad estrarre più petrolio nella sua tradizionale fascia nord-occidentale.
Con le energie rinnovabili come nuova priorità, L’Avana cerca ora nuovi investitori. Per il 2030, ha detto Murillo, il governo si prefigge di ridurre dal 96 al 76% la produzione di energia elettrica proveniente dal petrolio; la rimanente è generata oggi da 19 impianti di bioelettricità connessi a zuccherifici, oltre a 13 parchi eolici e fotovoltaici.
- © Riproduzione possibile DIETRO ESPLICITO CONSENSO della REDAZIONE di CONTROPIANO
Ultima modifica: stampa