Il procuratore generale Rodrigo Janot ha chiesto al Supremo tribunale federale (Stf) di aprire un’inchiesta su 54 persone, fra cui un numero imprecisato di politici in servizio, per stabilire la loro eventuale implicazione nello scandalo per corruzione che sta facendo tremare la prima impresa del Brasile.
La mossa di Janot, attesa in settimana, apre una nuova e più calda fase nella vicenda Petrobras, il colosso petrolifero nazionale a maggioranza statale di cui molti cittadini detengono azioni comprate attraverso un fondo di garanzia.
Il procuratore generale ha per il momento mantenuto segreti i nomi di coloro che vorrebbe indagare; secondo fonti giudiziarie brasiliane nella lista figurano parlamentari che beneficiano di immunità e politici che stanno esercitando un mandato. Fonti di stampa hanno incluso nell’elenco anche i presidenti di Camera e Senato, entrambi appartenenti alla maggioranza di governo, ma per il momento non ci sono conferme ufficiali.
L’operazione denominata Lava Jato (Autolavaggio) ha portato alla luce un sistema generalizzato di tangenti versate da almeno un decennio dalle principali imprese edilizie del paese a responsabili della Petrobras in cambio di ricchi contratti. L’ex direttore di Petrobras, Paulo Roberto Costa, e il faccendiere Alberto Youssef, arrestati per riciclaggio e poi divenuti collaboratori di giustizia, hanno confessato di aver intascato bustarelle.
Tangenti in entrata ma anche in uscita: a sua volta, Petrobras è accusata di aver sistematicamente sovrafatturato fra il 2004 e il 2012 beni e servizi accumulando fondi neri fino a quasi quattro miliardi di dollari stimati poi girati, fra gli altri, al Partito dei Lavoratori (Pt) al quale appartengono gli ultimi due presidenti brasiliani, Lula da Silva e Dilma Rousseff. Quest’ultima aveva guidato peraltro il consiglio di amministrazione della società prima di arrivare al Palazzo del Planalto nel 2011.
Finora sono finite sotto inchiesta 150 persone e 232 imprese, mentre la polizia ha eseguito 201 mandati di perquisizione e sequestri e 64 mandati di cattura; altre 55 persone sono state chiamate a deporre. Dodici degli indagati hanno già patteggiato accordi di cooperazione con la magistratura in cambio di sconti di pena o finanziari.
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