“Regni” governati da mafie che abusano, praticano estorsioni, obbligano a prostituirsi donne già costrette a vivere in condizioni degradanti, ammassate in piccoli spazi, carenti di tutto, dai servizi igienici al cibo: questo il ritratto delle carceri femminili del Messico, disegnato dalla Commissione nazionale dei diritti umani, ente statale autonomo che ha studiato le condizioni di vita di 77 dei 102 istituti di pena del paese, capaci di contenere fino a 12.692 donne.
La discriminazione di cui la donna in Messico soffre quotidianamente si riflette anche nelle carceri, secondo l’organismo che annota carenze e problemi che non si riscontrano fra i detenuti maschi in almeno 65 prigioni; piaghe già segnalate in un rapporto del 2013 ma rimaste senza risposta.
Maltrattamenti e abusi sessuali sono all’ordine del giorno, così come “mazzette” estorte dalle guardie coinvolte in reti di attività criminali guidate dai detenuti ospitati nella sezione maschile dello stesso istituto di pena. Così, mentre in 51 centri le recluse dormono ammassate sul suolo fra insetti e topi, in altri 20 sono costrette a prostituirsi, altre, finanche all’interno degli stessi impianti, beneficiano di celle private con tv al plasma, forno a microonde, frigo e telefono cellulare, sottolinea la Commissione.
I penitenziari dove gli abusi sono più massicci sono quelli dello stato meridionale di Guerrero – che la tragedia dei 43 studenti di Aytzinapa ha fatto conoscere al mondo per la violenza – seguiti da quelli degli stati di México, Puebla, Sinaloa, Michoacán e Oaxaca. I problemi, tuttavia, non si limitano ad aree circoscritte, ma si riscontrano dal nord al sud del territorio nazionale.
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