Secondo i dati del sondaggio condotto nei giorni scorsi dal VTsIOM, il 48% dei russi (era il 30% nel 2005) si dichiara oggi convinto del successo della lotta alla corruzione nel paese e si è dimezzato in sei mesi il numero di coloro che ritengono gli organi di potere federale (dal 17 al 9%) e locale (dal 34 al 17%) più o meno coinvolti nell’affarismo. Nonostante tutto, il 55% degli intervistati non crede però che sia possibile vincere la corruzione in modo completo e poco meno del 70% giudica il livello di corruzione nel paese alto o molto alto, mentre il 49% esprime la stessa idea per quanto riguarda la propria città. Al primo posto per livello di corruzione, i cittadini mettono la polizia stradale (32%), seguiti da sistema sanitario (21%) e giudiziario (20%); all’ultimo posto (4%) l’esercito.
Nemmeno a farlo apposta, in corrispondenza con la pubblicazione del sondaggio, è apparsa la notizia che uno degli apostoli della lotta alla “corruzione del regime”, l’oppositore Garri Kasparov, sta rischiando grosso: i documenti relativi alla somma che l’ex campione mondiale di scacchi avrebbe sborsato per essere eletto alla carica di presidente della Federazione scacchistica mondiale (Fide) sono stati inviati alla procura statunitense, dato che il denaro sarebbe transitato per banche americane. Il NYT aveva scritto della faccenda già un anno e mezzo fa e ora sono arrivate le conferme. Curioso il fatto, scrive Vesti.ru, che le clausole del contratto di nomina siano state stilate da un altro oppositore liberale, in odore di “martirio” per molti media nostrani, l’ex magnate della Jukos Mikhail Khodorkovskij, nella sua veste di direttore esecutivo del Fondo Kasparov. Questa storia fa il paio con quella di un altro “perseguitato dal regime”, celebratissimo in occidente – chissà perché, le vittime del “regime” prendono sempre a ovest i loro modelli politici – Aleksej Navalnyj, cui ora un tribunale moscovita ha presentato un conto da 16 milioni di rubli come risarcimento per una truffa operata ai danni dello stato. Anni fa, allorché era consigliere del governatore della regione di Kirov, Navalnyj comprò legname a prezzo statale, per rivenderlo a prezzo di mercato; inizialmente condannato con la condizionale (per lui è ormai una costante: anche nel dicembre 2014 ha evitato il carcere per la truffa ai danni della Ives Rocher), è ora chiamato a saldare il maltolto. Non c’è da stupirsi, scrive l’osservatore politico Dmitrij Kiselëv, se ormai più nessuno vota per simili “oppositori”. Alle elezioni amministrative del settembre scorso il Parnas (Partito della libertà del popolo: chi avrà copiato da chi?!), che candidava Navalnij a Kostroma, non andò oltre il 2%. In generale, nella conferma delle previsioni di vittoria o di tenuta per la maggior parte delle formazioni politiche, a settembre avevano stupito le proporzioni assunte dalla disfatta proprio di tutte quelle forze “post eltsiniane” che, da sempre, sono chiamate a far valere i cosiddetti “valori occidentali”. I vari Navalnyj, Javlinskij, Kasparov, con le formazioni Parnas o Jabloko, l’occidente considera uniche forze di opposizione, si erano confermate effettivamente “uniche”, prive cioè di alcun seguito.
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