Secondo i risultati dell’indagine condotta dal Centro Levada e ripresa da vari siti di informazione, sono di meno oggi, rispetto a una decina d’anni fa, coloro che considerano Josif Stalin “un leader crudele e disumano, per colpa del quale la Russia subì perdite pesantissime all’inizio della guerra antinazista” (Interfax). “E’ cresciuta dal 28% del 2007 all’attuale 34%”, scrivono gli esperti del Levada sintetizzando i risultati del sondaggio condotto gli scorsi 18-21 dicembre, in coincidenza del 136° anniversario della nascita di Josif Vissarionovič, “la percentuale di russi che ne giustificano le azioni che portarono alla vittoria nella Guerra patriottica ed è aumentata dal 14 al 20% la quota di chi lo considera un leader saggio che contribuì alla potenza e allo sviluppo dell’Urss”. Solo nella capitale sembra prevalere l’opinione contraria: se nel resto della Russia solo il 21% (era il 29% nel 2007) degli intervistati lo giudica un “tiranno crudele”, a Mosca la percentuale è del 43%. Una valutazione positiva di Stalin, secondo il Centro Levada, si riscontra prevalentemente tra i maggiori di 55 anni, con istruzione medio-bassa e status sociale non elevato. Un giovane su quattro ha difficoltà a dare una valutazione del ruolo di Stalin nella storia russa.
Se praticamente stabile (tra 6 e 8%) dal 1998 a oggi è la percentuale di chi ritiene che “Stalin continuò la causa di Lenin e degli altri rivoluzionari bolscevichi”, così come (tra 4 e 5%) di coloro secondo i quali “è ostile a Stalin solo chi è estraneo agli interessi del popolo e dello stato russo”, si è invece dimezzata (dal 10 al 5%) la quota di russi secondo cui “Stalin ha travisato le idee di Lenin e ha costruito un ordine lontano dagli ideali dell’autentico socialismo”. Stabile anche dal 2007 a oggi (intorno al 15%; a parte il picco al 21% nel 2003) la percentuale di chi ritiene che “Solo un duro leader avrebbe potuto mantenere l’ordine statale nelle condizioni di acuta lotta di classe, minaccia esterna e generale mancanza di disciplina che c’erano 50-70 anni fa”.
SuI ruolo di Stalin in generale, il 25% dei russi (era il 19% nel 1999) afferma che i lati positivi sono superiori a quelli negativi; per il 3% ci sono solo lati positivi; stabile al 45% il numero di coloro secondo cui lati positivi e negativi si equivalgono; scesi dal 21 al 13% coloro che sostengono che gli aspetti negativi siano stati superiori a quelli positivi.
In sostanza, è sul ruolo della direzione staliniana nella conduzione della guerra e nella vittoria contro l’invasione nazista, che si concentrano le valutazioni positive dei russi. “Qualunque siano le colpe e le mancanze attribuite a Stalin, l’aspetto più importante è che sotto la sua guida il nostro popolo è uscito vittorioso nella Grande Guerra Patriottica”: così suonava la domanda del sondaggio, cui oltre un terzo di russi ha risposto affermativamente. Ed è scesa dal 17 al 13% la quota di coloro secondo cui “a causa della politica di Stalin, nel 1941 il paese si trovò impreparato alla guerra e subì perdite pesantissime”.
Ed è ancora su questo aspetto, legato alla guerra vittoriosa, che anche la maggior parte delle organizzazioni comuniste russe incentrano le proprie valutazioni positive dell’opera di Stalin. Quasi tutti i siti web di ispirazione comunista portano quantomeno un link con l’effige di “Koba”. Lo scorso 21 dicembre, la federazione regionale del PC zjuganovista di Penza (circa 650 km a sudest di Mosca) ha inaugurato un Centro “storico-scientifico e culturale” dedicato a Stalin; busti al “generalissimus” – il titolo che gli fu attribuito alla fine della guerra, ma che lui rifiutò, continuando a qualificarsi “maresciallo”, di pari rango agli ufficiali sovietici protagonisti della vittoria – vengono qua e là installati nelle città russe di provincia.
A proposito delle purghe che, tra il 1937 e il 1938, colpirono sia le opposizioni di destra e di sinistra nel partito bolscevico, sia vari quadri superiori dell’Esercito Rosso, a partire da Tukhačevskij e Jakir e che, a parere di alcuni, avrebbero reso l’Urss impreparata a reggere l’urto nazista, è forse interessante ricordare quanto dichiarato da Vjačeslav Molotov, la seconda personalità dell’Urss in epoca staliniana, ancora negli anni ’70 e ’80, nel corso di una serie di testimonianze riportate nel libro di Felix Čuev “140 colloqui con Molotov”. “Il 1937 fu necessario” affermava Molotov nel dicembre 1970; “necessario se consideriamo che dopo la rivoluzione abbiamo colpito a destra e sinistra e alla fine abbiamo vinto, ma i residui dei nemici, di varie tendenze, continuavano a esistere e di fronte alla minaccia dell’aggressione fascista essi avrebbero potuto coalizzarsi. Anche tra i bolscevichi c’erano e ci sono di buoni e fidati, quando tutto va bene, quando il partito e il paese non sono minacciati. Siamo debitori al 1937 del fatto che durante la guerra non c’è stata una quinta colonna”.
Sempre lo scorso 21 dicembre, il segretario del PC russo Ghennadij Zjuganov dichiarava che “L’industrializzazione staliniana, la rivoluzione scientifica e culturale, la collettivizzazione, consentirono al paese, che era in condizioni semiafricane e disintegrato, di raccogliersi in un unico potente stato. Si creò la base che rese possibile la vittoria sul fascismo. Se i cosiddetti democratici occidentali avessero ascoltato la voce di Stalin, quando proponeva di soffocare sul nascere il serpe fascista, allora avremmo evitato quella terribile e spaventosa guerra in cui persero la vita 27 milioni tra i migliori figli e figlie della nostra Patria sovietica”.
Sui motivi per cui l’opinione dei russi sia mutata in senso favorevole all’ex Segretario generale, Pravda.ru ha intervistato lo storico dell’Accademia delle scienze russa Nikolaj Lisovoj. “Ciò è dovuto al fatto che con Stalin, la sua epoca e la sua opera, vengono associate tali conquiste, come la vittoria nella Guerra Patriottica. Vi si associa anche la continuità della politica e delle tradizioni degli anni 1945-53 e quelle delle condizioni di oggi”, ha dichiarato Lisovoj. A suo parere, la valutazione data oggi della figura di Stalin è dovuta anche a un mutamento nell’auto-percezione dei russi: è cresciuta “l’autostima, la fiducia nel futuro; ciò, a differenza di quanto pensano i nostri ideologi “della palude” – il movimento di opposizione liberale che prende il nome da piazza Bolotnaja, cioè della Palude – secondo cui, nella misura in cui cambiano i valori e la situazione economica del paese, anche l’individuo cessa di rispettare se stesso e lo Stato” ha detto Lisovoj.
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