Quattro studenti su dieci lavorano, ma salgono a sei se la famiglia è debole economicamente. Tutti studiano di più e anche se la crisi morde, la laurea viene sempre considerata un «ascensore sociale». È stato presentato ieri la «Sesta Indagine Eurostudent sulle condizioni di vita e di studio degli studenti universitari italiani», un rapporto cui contribuiscono 25 paesi europei e realizzato dalla Fondazione Rui in collaborazione con il Miur, che indica dove va il sistema.
Vediamo i dati. Si studia di più – in termini di tempo – ed è più ampia la fetta di chi si laurea «vivendo a casa», cioè 3 su 4, tendenza cominciata nel 2000. Il 39% degli studenti universitari italiani dichiara di avere un «lavoretto», cioè 4 su 10 lavorano e studiano. Studiare è comunque un lavoro da 41 ore alla settimana, sempre secondo l’indagine: era di 32 all’inizio degli anni ’90. Chi è fuori sede studia di più, con oltre 42 ore alla settimana, e segue anche di più i corsi universitari. Se l’Istat ha già rilevato che la crisi «ha portato indietro le lancette della crescita di quasi dieci anni», l’indagine Eurostudent racconta poco dell’impatto della crisi, dato che il rapporto si riferisce al solo 2009. Tuttavia, i segnali vengono raccolti: secondo l’indagine, gli studenti e le loro famiglie non rinunciano a investire in formazione, ma modificano le scelte verso soluzioni compatibili con le risorse disponibili. Come? Scegliendo sedi di studio più vicine, oppure rinunciando al trasferimento – più dispendioso – a favore di una meno costosa mobilità giornaliera. Sempre secondo Eurostudent, il 50,6% degli studenti in Italia è pendolare, confermando una tendenza che si è manifestata fin dall’avvio della riforma. Il pendolarismo viene qui considerato come una vera e propria «strategia di sopravvivenza» adottata dagli studenti, in particolare da chi ha meno mezzi economici e non può permettersi di fare il fuori sede. Ma anche chi studia nella città di residenza non se la passa benissimo: tre su quattro vivono con le famiglie di origine. Nel 2009, gli studenti che non hanno ricevuto alcuna forma di aiuto economico, hanno speso in media 1.160 euro di tasse universitarie. Per Eurostudent, oltre 6 studenti su 10 non hanno ricevuto nulla. Un segno positivo è che la mobilità internazionale degli studenti (Erasmus e altro) è tornata ai livelli di dieci anni fa, dopo un netto calo segnalato soprattutto per gli studenti del triennio. Dove si va, chi riesce? Paesi anglofoni in testa, seguiti da Spagna e Germania.
Vediamo i dati. Si studia di più – in termini di tempo – ed è più ampia la fetta di chi si laurea «vivendo a casa», cioè 3 su 4, tendenza cominciata nel 2000. Il 39% degli studenti universitari italiani dichiara di avere un «lavoretto», cioè 4 su 10 lavorano e studiano. Studiare è comunque un lavoro da 41 ore alla settimana, sempre secondo l’indagine: era di 32 all’inizio degli anni ’90. Chi è fuori sede studia di più, con oltre 42 ore alla settimana, e segue anche di più i corsi universitari. Se l’Istat ha già rilevato che la crisi «ha portato indietro le lancette della crescita di quasi dieci anni», l’indagine Eurostudent racconta poco dell’impatto della crisi, dato che il rapporto si riferisce al solo 2009. Tuttavia, i segnali vengono raccolti: secondo l’indagine, gli studenti e le loro famiglie non rinunciano a investire in formazione, ma modificano le scelte verso soluzioni compatibili con le risorse disponibili. Come? Scegliendo sedi di studio più vicine, oppure rinunciando al trasferimento – più dispendioso – a favore di una meno costosa mobilità giornaliera. Sempre secondo Eurostudent, il 50,6% degli studenti in Italia è pendolare, confermando una tendenza che si è manifestata fin dall’avvio della riforma. Il pendolarismo viene qui considerato come una vera e propria «strategia di sopravvivenza» adottata dagli studenti, in particolare da chi ha meno mezzi economici e non può permettersi di fare il fuori sede. Ma anche chi studia nella città di residenza non se la passa benissimo: tre su quattro vivono con le famiglie di origine. Nel 2009, gli studenti che non hanno ricevuto alcuna forma di aiuto economico, hanno speso in media 1.160 euro di tasse universitarie. Per Eurostudent, oltre 6 studenti su 10 non hanno ricevuto nulla. Un segno positivo è che la mobilità internazionale degli studenti (Erasmus e altro) è tornata ai livelli di dieci anni fa, dopo un netto calo segnalato soprattutto per gli studenti del triennio. Dove si va, chi riesce? Paesi anglofoni in testa, seguiti da Spagna e Germania.
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