America’s Cup
«Bagnoli, de Magistris decide da solo»
NAPOLI — «La rapidità condiziona il dibattito… abbiamo bisogno di decisioni in tempi rapidi… sull’America’s Cup la tempistica è obbligata, o sì, o no». Il primo cittadino sta parlando in Consiglio sulla vicenda Bagnoli, e al quarto piano dello stesso palazzo comunale di via Verdi gli ambientalisti lo seguono, increduli, in video: «Guardate che non è Bassolino, è de Magistris», ironizza Paolo Nicchia, uno degli organizzatori dell’assemblea pubblica convocata dall’Assise per Bagnoli nel giorno dell’annuncio ufficiale (poi slittato) dell’Acea sulle regate della discordia. La Coppa America, grande evento che travolge le promesse di trasparenza e discontinuità brandite da Giggino in campagna elettorale, gonfia infatti le vele del dissenso proprio su quei vascelli dei movimenti che avevano aperto la rotta verso la vittoria dell’ex pm.
E che adesso non presentano il conto, ma un corposo cahier de doléances quello sì. Comincia subito a sfogliarlo Massimo Di Dato, che dell’Assise di Bagnoli è il coordinatore, con una relazione che è una requisitoria contro la «retorica degli annunci che sembra ricalcare le giunte precedenti». Di Dato critica la politica dei grandi eventi, sottolineando che la Coppa America risponde solo alla logica dello sfruttamento affaristico del territorio: costi elevati, che ormai toccano i 25 milioni di euro, e un beneficio pubblico tutto da dimostrare. Mentre trionfa la retorica di un Piano regolatore dichiarato intoccabile e che continua invece a essere toccato, mentre gli obiettivi della cittadinanza restano altri: «rimuovere la colmata a mare, bonificare i fondali, ripascimento degli arenili: tutto il resto è fumo negli occhi» e soprattutto è, a suo avviso, licenza per Bagnoli Futura di svendere i suoli in uno spregiudicato gioco speculativo che Franco Specchio, ex Pcdi, definisce nel suo intervento «Il Grande Imbroglio di Bagnoli, anzi la madre di tutti gli imbrogli, ieri per Bassolino e oggi per Sodano». E se de Magistris si becca nel corso del dibattito più di un cartellino giallo per star praticando un metodo di governo decisionista alla faccia della partecipazione sempre evocata, al vicesindaco Sodano gli ambientalisti contestano l’ottimismo per le ricadute previste (380 mila presenze nei 9 giorni di regate, un villaggio, un’area vip e un’area tecnica non fisse ma disposte su un tappetino di cemento lievemente appoggiato sull’odiata — a chiacchiere — colmata, uno spot mondiale straordinario per Napoli grazie alla regata aggiuntiva a via Caracciolo…) e soprattutto rimproverano la tempistica («Sodano dice che prima di due anni la colmata non è rimovibile per motivi tecnici, e allora tanto vale sfruttarla per la Coppa; ma perché ritardare comunque di due anni l’avvio delle procedure?»); il timore è che l’America’s Cup (anzi, le regate preparatorie previste per Napoli) siano il cavallo di Troia per dimenticare la bonifica e il parco, incrementando le cubature per edilizia residenziale («Sono già passate dai 367 mila metri cubi previsti nel ’98 ai 638 mila odierni, cambiando il senso di tutta l’area», avverte Di Dato: «Un grosso favore ai privati, un grosso sfavore all’interesse pubblico»).
Questo è il popolo che ha acclamato l’istituzione delle assemblee di popolo, ma che adesso comincia ad avere il dubbio che la partecipazione attiva possa diventare uno slogan vuoto: «Rinunciamo a partecipare a consulte tecniche fino a quando l’assessore Lucarelli non darà risposte sugli effettivi meccanismi di partecipazione attiva», dice Sergio Fedele di Napoli punto e a capo. Punto e a capo anche per Nicola Capone, segretario dell’Assise di Palazzo Marigliano: «Grandi eventi uguale leggi speciali, il che vuol dire assenza di controllo da parte della cittadinanza». Niente regate a Bagnoli perché «la colmata inquina i fondali, è un pericolo pubblico», e per questo ne è stato chiesto il sequestro, come «corpo di reato». E un sindaco, per di più ex magistrato, può rischiare che un corpo di reato venga sequestrato, magari nel bel mezzo dello strombazzato evento internazionale? De Magistris si rende conto che la scelta di Bagnoli «non è illegittima, ma illegale?» (Specchio). E poi, perché Bagnoli e non il molo San Vincenzo, oppure — ruggisce l’architetto Aldo Loris Rossi — Nisida, «che è un porto inaffondabile da duemila anni, mentre gli incompetenti che stanno approntando i progetti per Bagnoli non sanno che ciò che vorrebbero costruire andrebbe spazzato via dalla prima mareggiata?». E il rischio bradisismo? E la viabilità per far spostare quelle decine di migliaia di turisti da e per una zona impraticabile della città? I perché si accavallano, e Antonio D’Acunto, coordinatore Vas Campania, prova a razionalizzarli: «Vogliamo che tutte le scelte e tutti i progetti per Napoli vengano ridiscussi sull’asse sempre dichiarato da de Magistris, che è la discontinuità col vecchio modo di amministrare, pensate che cosa sarebbe successo se fosse stato un altro sindaco a convocare un Consiglio solo per ratificare scelte già compiute». Bagnoli diventa così il banco di prova su cui misurare la volontà di sindaco e giunta di affrontare in modo innovativo altri temi come l’area orientale, o la sempre incombente questione rifiuti. Per verificare le reali intenzioni di de Magistris l’assemblea propone un confronto pubblico, carte e perizie alla mano, tra gli esperti che hanno attestato l’impraticabilità dell’opzione-regate a Bagnoli, e le istituzioni che la sostengono. Subito dopo, una grande assemblea di popolo — cittadina o bagnolese, si vedrà — per ribadire che Napoli non firma cambiali in bianco a nessuno. Neppure al sindaco che aveva scassato.
Antonio Fiore
dal Corriere del Mezzogiorno
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