Ylenia Sina
Un corteo di oltre duemila persone. Questa la risposta dei movimenti per il diritto all’abitare romani allo sgombero di lunedì scorso dell’ex deposito Atac nel quartiere San Paolo, occupato oltre quattro mesi fa dopo che la giunta Alemanno, con l’approvazione della delibera 35, ha aperto la strada alla dismissione del patrimonio dell’azienda del trasporto pubblico capitolino. «Solo una prima risposta» avverte Paolo di Vetta dei Blocchi precari metropolitani «ad un sindaco che pensa di poter trasformare le rivendicazioni sociali di questa città in problemi di ordine pubblico». Per questo durante il corteo i movimenti hanno annunciato la volontà «di riprendersi contro ogni divieto e repressione» il Campidoglio con una grande assemblea pubblica in programma lunedì 14 novembre. Sono quasi le quattro quando il corteo inizia a muoversi dalla metro Garbatella attraverso il cuore del quartiere romano. In apertura uno striscione verde con una grande scritta a caratteri bianchi: “Ninci”, dal nome dell’ex deposito sgomberato. Dall’amplificazione del camion, quasi a voler spiegare all’intero quartiere l’accaduto, gli ex occupanti del deposito raccontano ai passanti che si fermano interessati cosa si stava realizzando negli spazi della struttura di proprietà dell’Atac, in stato di abbandono da quasi dieci anni: una casa per venti famiglie, laboratori di fotografia, teatro e pittura, un campo da basket. «L’occupazione dell’ex deposito Atac era una risposta “conflittuale” alla crisi e la sua repressione manu militari fa parte di un processo di restrizione delle libertà di chi vuole gestire questa crisi dall’alto» commenta Luca Fagiano del Coordinamento cittadino di lotta per la casa. Il corteo cammina piano avvicinandosi sempre più all’ex deposito. Man mano che la testa avanza la presenza delle forze dell’ordine diventa sempre più consistente tanto che al termine del percorso, a largo Leonardo Da Vinci, a poche centinaia di metri dell’ex occupazione, la gente seduta a terra per un’assemblea pubblica è letteralmente circondata da cordoni della polizia e da numerose camionette.
da “Il manifesto” del 6 novembre 2011
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