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Anche le imprese (piccole) soffrono

L’analisi della Cgia di Mestre – associazione di artigiani – è certamente “di parte”, ma getta luce su un tessuto microproduttivo che ha fin qui garantito non solo un dicreto contributo al prodotto interno lordo, ma anche “tenuta sociale”, fornendo occupazione quasi sempre sottopagata o in nero. Ma comunque “redditi di sussitenza” in mancanza di meglio. Un micromondo spesso “berlusconiano” sul piano ideologico, sempre a metà strada tra il sogno del “grande salto” verso l’imprenditoria che conta e il terrore (più concreto, ora) di riprecipitare nella condizione di “popolino”. Si chiama piccola borghesia, ed è forse la classe che in questo momento ha la migliore rappresentazione di sé, a parte il “grande capitale”.

Riportano le agenzie.

Imprese sotto stress, nella morsa fra ritardati pagamenti della Pubblica amministrazione e protesti. A soffrire sono soprattutto le aziende del terziario e del Centro-Sud. Il mancato pagamento dei crediti costa alle imprese circa 10 miliardi l’anno, una situazione che le costringe a ricorrere a prestiti bancari per finanziare l’attività. Sul banco degli imputati le aziende private mettono innanzitutto la P.A., insolvente per circa «70 miliardi di euro. Una situazione che non ha eguali in Europa», sottolinea la Cgia di Mestre, precisando che «solo nei confronti della sanità italiana i crediti vantati sono di circa 35 miliardi». I pagamenti della P.A. vengono onorati dopo 180 giorni (+52 giorni rispetto al 2009) con un ritardo medio, nei confronti dei termini contrattuali, di 90 giorni.

Redazione. Questi ritardi creano una “scarsità di liqudità” che viene spesso compensata col ricorso al prestito bancario. Dove il titolo di pagamento “pubblco” fa da garanzia, consentendo l’erogazione di un prestito oneroso che riduce la cifra che verrà infine incassata dall’azienda mentre gonfia i bilanci della banca.

Nelle transazioni fra privati, a soffrire maggiormente sono le piccole e medie imprese: i ritardi di pagamento imputabili alle grandi imprese hanno una frequenza doppia rispetto a quelli addebitabili alle pmi, e anche la durata delle dilazioni è doppia nel caso dei pagamenti delle grandi imprese. Così, protesti e titoli contestati aumentano.

Red. Dunque non solo il “pubblico” fa il “finto tonto”. Le grandi aziende private non sono affatto più virtuose (un’altro tassello per demolire l’ideologia che il privato sia meglio). Nell’insieme, costituiscono un potente vettore di redistribuzione verso l’alto.

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