10 feriti, tre operai gravissimi
Francesco Piccioni
Non è un incidente «normale». l’esplosione che ieri ha travolto tre degli operai al lavoro intorno a un metanodotto a Barbarasco, nel comune di Tresana, in Lunigiana, presenta diversi aspetti oscuri.
Ma partiamo dal fatto. Intorno alle 14 di ieri è esploso il metanodotto La spezia-Parma, in pratica un’autostrada del gas. parliamo dunque di grandi tubature metalliche, di grande spessore, all’interno delle quali il gas viaggia a 24 atmosfere di pressione. Tubature sotterranee, segnalate con grande evidenza – per gli addetti ai lavori, almeno, sia in superficie che nel sottosuolo.
L’esplosione sembra dovuta all’azione di un escavatore che – dicono le fonti ascoltate dalle agenzie – avrebbe «sganciato» una delle tubature. Il gas ad altissima pressione avrebbe quindi incontrato qualche scintilla generata dalla benna scavatrice, prendendo fuoco. Tre degli operai che erano al lavoro sul luogo sono stati investiti in pieno dalle fiamme, che i testimoni descrivono alte fino a 200 metri di altezza. Le fotografie scattate subito dopo, e i video girati anche dagli elicotteri della Guardia di finanza, sembrano confermare le dimensioni catastrofiche dell’accaduto. Le fiamme, in effetti, sono arrivate a lambire l’autostrada A15, che corre a poca distanza dal punto dell’incidente.
I feriti accertati in totale sono dieci, al momento di scrivere. Oltre ai tre operai, infatti, sono rimasti coinvolti in modo meno grave diversi abitanti della zona. L’esplosione ha infatti abbattuto almeno tre abitazioni di Tresana, fortunatamente deserte a quell’ora. I feriti, quindi, sarebbero da individuare tra i residenti un po’ più distanti dal cratere dell’esplosione. Impressionante, pare, visti i 25 metri di diametro e i sette di profondità, ampiamente descritti e fotografati da curiosi e soccorritori.
Uno degli operai è in condizioni disperare, ricoverato in elicottero presso il centro grandi ustionati dell’ospedale di Pisa. presenta ustioni sull’80% del corpo ed era in quel momento addetto alle manovra della scavatrice. I soccorsi, oltretutto, sarebbero stati ostacolati dalla fitta nebbia presente nella zona.
Altri due operai sono in condizioni gravissime. Uno – inizialmente dato addirittura per «disperso» – è stato trasferito d’urgenza al Villa Scassi di Genova Sampierdarena. L’altro, in condizioni per fortuna meno preoccupanti, è ricoverato a Pontremoli. In quest’ultimo ospedale sono stati portati anche gli altri sette feriti, tutti considerati «meno gravi». Diversi focolai d’incendio hanno continuato a bruciare per diverse ore, mentre tutt’intorno era possibile avvertire un forte odore di metano. L’erogazione del gas a valle del punto dell’esplosione è stata ovviamente sospesa, e almeno 60.000 persone rimarranno per ora senza fornitura, in attesa delle riparazioni e dei rilievi di polizia e magistratura.
Del tutto da chiarire, invece, come si diceva in apertura, la dinamica che ha provocato l’esplosione. Snam rete Gas – la società controllata dall’Eni che gestisce la distribuzione ai consumatori finali – si è limitata a confermare che su quel tratto di metanodotto erano i corso lavori di ripristino, e che due dei cinque tecnici al lavoro non hanno riportato danni.
Cosa è successo? I tecnici da noi consultati, in assenza di numerosi dettagli-chiave, si limitano a fare alcune osservazioni. Effettivamente, si può lavorare «in gas», ovvero senza chiudere le tubature a monte e a valle (in corrispondenza della varie «centraline» che ripartiscono il flusso tra vari condotti, riducendone anche la pressione). Fin qui, insomma, nulla di irregolare.
Le domande in attesa di risposta sono infatti altre. Per quale ditta lavoravano i cinque operai coinvolti? SnamReteGas ha pochi dipendenti propri, si serve in esclusiva di numerose «ditte» che utilizzano soltanto personale altamente qualificato. E che non aggredirebbe mai un metanodotto – qualcosa di immensamente superiore a una semplice «conduttura» – con una scavatrice. Ma «se hanno strappato quello che hanno trovato sotto», ci hanno spiegato, è possibile che non sapessero esattamente su che problema stessero operando. La domanda insomma diventa: erano di un’impresa in subappalto? lavoratori mandati allo sbaraglio senza competenze sufficienti?
Domande normali. Che aspettano risposte chiare. Subito.
Ma partiamo dal fatto. Intorno alle 14 di ieri è esploso il metanodotto La spezia-Parma, in pratica un’autostrada del gas. parliamo dunque di grandi tubature metalliche, di grande spessore, all’interno delle quali il gas viaggia a 24 atmosfere di pressione. Tubature sotterranee, segnalate con grande evidenza – per gli addetti ai lavori, almeno, sia in superficie che nel sottosuolo.
L’esplosione sembra dovuta all’azione di un escavatore che – dicono le fonti ascoltate dalle agenzie – avrebbe «sganciato» una delle tubature. Il gas ad altissima pressione avrebbe quindi incontrato qualche scintilla generata dalla benna scavatrice, prendendo fuoco. Tre degli operai che erano al lavoro sul luogo sono stati investiti in pieno dalle fiamme, che i testimoni descrivono alte fino a 200 metri di altezza. Le fotografie scattate subito dopo, e i video girati anche dagli elicotteri della Guardia di finanza, sembrano confermare le dimensioni catastrofiche dell’accaduto. Le fiamme, in effetti, sono arrivate a lambire l’autostrada A15, che corre a poca distanza dal punto dell’incidente.
I feriti accertati in totale sono dieci, al momento di scrivere. Oltre ai tre operai, infatti, sono rimasti coinvolti in modo meno grave diversi abitanti della zona. L’esplosione ha infatti abbattuto almeno tre abitazioni di Tresana, fortunatamente deserte a quell’ora. I feriti, quindi, sarebbero da individuare tra i residenti un po’ più distanti dal cratere dell’esplosione. Impressionante, pare, visti i 25 metri di diametro e i sette di profondità, ampiamente descritti e fotografati da curiosi e soccorritori.
Uno degli operai è in condizioni disperare, ricoverato in elicottero presso il centro grandi ustionati dell’ospedale di Pisa. presenta ustioni sull’80% del corpo ed era in quel momento addetto alle manovra della scavatrice. I soccorsi, oltretutto, sarebbero stati ostacolati dalla fitta nebbia presente nella zona.
Altri due operai sono in condizioni gravissime. Uno – inizialmente dato addirittura per «disperso» – è stato trasferito d’urgenza al Villa Scassi di Genova Sampierdarena. L’altro, in condizioni per fortuna meno preoccupanti, è ricoverato a Pontremoli. In quest’ultimo ospedale sono stati portati anche gli altri sette feriti, tutti considerati «meno gravi». Diversi focolai d’incendio hanno continuato a bruciare per diverse ore, mentre tutt’intorno era possibile avvertire un forte odore di metano. L’erogazione del gas a valle del punto dell’esplosione è stata ovviamente sospesa, e almeno 60.000 persone rimarranno per ora senza fornitura, in attesa delle riparazioni e dei rilievi di polizia e magistratura.
Del tutto da chiarire, invece, come si diceva in apertura, la dinamica che ha provocato l’esplosione. Snam rete Gas – la società controllata dall’Eni che gestisce la distribuzione ai consumatori finali – si è limitata a confermare che su quel tratto di metanodotto erano i corso lavori di ripristino, e che due dei cinque tecnici al lavoro non hanno riportato danni.
Cosa è successo? I tecnici da noi consultati, in assenza di numerosi dettagli-chiave, si limitano a fare alcune osservazioni. Effettivamente, si può lavorare «in gas», ovvero senza chiudere le tubature a monte e a valle (in corrispondenza della varie «centraline» che ripartiscono il flusso tra vari condotti, riducendone anche la pressione). Fin qui, insomma, nulla di irregolare.
Le domande in attesa di risposta sono infatti altre. Per quale ditta lavoravano i cinque operai coinvolti? SnamReteGas ha pochi dipendenti propri, si serve in esclusiva di numerose «ditte» che utilizzano soltanto personale altamente qualificato. E che non aggredirebbe mai un metanodotto – qualcosa di immensamente superiore a una semplice «conduttura» – con una scavatrice. Ma «se hanno strappato quello che hanno trovato sotto», ci hanno spiegato, è possibile che non sapessero esattamente su che problema stessero operando. La domanda insomma diventa: erano di un’impresa in subappalto? lavoratori mandati allo sbaraglio senza competenze sufficienti?
Domande normali. Che aspettano risposte chiare. Subito.
da “il manifesto” del 19 gennaio
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