La chiusura del giornale di Rifondazione, Liberazione, ha lasciato una scia di recriminazioni. L’editore (Mrc, società controllata dal partito), non avendo più un soldo, ha deciso di sospendere le pubblicazioni. Il Cdr del giornale si è mosso in assoluto contrasto di tale scelta.
Ridurla a una questione di “padrone-dipendenti” ci sè subito parso stupido e falsificante. Ci siamo infatti chiesti come mai un partito pagasse così tanti giornalisti e poligrafici, a stipendio pieno e in qualche caso anche di più, per avere un giornale a tratti apertamente ostile al partito stesso. I costi, a fronte di vendite oscillanti ufficialmente tra le 3.500 e le 4.000 copie quotidiane, non potevano infatti garantire un organico di una cinquantina di persone. Ma probabilmente neppure di un quinto di questo numero.
La chiusura, una volta che il Prc era uscito dal Parlamento “grazie” alle pensate di Bertinotti, e dopo una scissione a destra dopo il congresso di Chianciano, era abbastanza nelle cose. A meno di una radicale trasformazione che avrebbe però preteso un organico adatto allo scopo. Ciò non è avvenuto e ora registriamo avvenimenti spiacevoli, ma “naturali” dentro la fine di un modo di far politica (e giornalismo) totalmente consociativo, dove “siamo contro ma con gli stessi vantaggi” di chi comanda.
L’ultima puntata sembra ben riassunta da Marco Gelmini, amministratore unico della Mrc.
“Ieri, presso la Regione Lazio, Mrc, sindacati e rappresentanze dei giornalisti e poligrafici hanno sottoscritto un accordo che prevede 24 mesi di cigs per far fronte alla sospensione delle pubblicazioni di Liberazione, in atto dai primi di Gennaio.
Liberazione, come purtroppo tante altre testate dell’editoria di partito, cooperativa e di idee, è stata costretta a sospendere le pubblicazioni a causa dei tagli applicati ai fondi della legge sull’editoria (prima da Berlusconi e poi da Monti), a causa della ulteriore drastica riduzione degli stanziamenti per gli anni a venire e dell’abolizione dei contributi diretti a partire dal 2014, oltreché a causa della mancata approvazione del nuovo regolamento.
Il Cdr di Liberazione mente sapendo di farlo quando imputa a Rifondazione la sospensione, avendo via via respinto tutte le proposte avanzate dalla Mrc che avrebbero consentito di mantenere in vita un giornale on-line evitando un’interruzione delle pubblicazioni che nuoce in primo luogo al Prc.
Il Cdr mente nascondendo le reali responsabilità del governo; mente ignorando la realtà di una trattativa protrattasi per mesi; mente quando lamenta resistenze nel pagamento delle spettanze (sempre corrisposte, tal volta con qualche giorno di ritardo a seguito della situazione di oggettiva difficoltà); mente ignorando gli sforzi enormi fatti dal Prc per anticipare fondi e garantire l’uscita del giornale anche a prezzo di dolorose alienazioni immobiliari; mente nascondendo la volontà e l’impegno del Prc e dei suoi militanti a far tornare Liberazione in edicola; mente nascondendo l’impegno a garantire occupazione seppur ridotta e/o a rotazione a partire da criteri di assoluta equità.
Ci domandiamo che senso abbia firmare accordi da parte del Cdr ed il giorno successivo smentirli con comunicati dal contenuto provocatorio. Gli accordi specificano gli impegni in modo chiaro. La loro firma smentisce le illazioni e le falsità diffuse dal cdr. Chi dilapida l’impegno per l’informazione democratica e plurale, per il riconoscimento del lavoro e dei suoi diritti nonché la storia ventennale di Liberazione è chi continua a sbagliare obiettivo: noi continuiamo a pretendere risposte ed impegni dal Governo.”
Colpisce l’uso ripetuto e circostanziato della parola “mente”. E in effetti: come si fa a firmare un accordo (scripta manent) e poi continuare ad accusare la “controparte” (che in teoria, in un partito comunista, dovrebbe addirittura essere la propria)?
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