DISOBBEDIENZA IN CGIL
Si è svolta la riunione dell’Esecutivo informale della Cgil. La Segreteria, con il consenso della maggioranza delle strutture degli intervenuti, ha confermato il giudizio positivo sul testo governativo sull’articolo 18. Hanno espresso dissenso Nicolosi, Landini, Rinaldini, Maulucci e Cremaschi. Il direttivo del 19 assumerà le posizioni formali. Pubblichiamo la sintesi dell’intervento di Giorgio Cremaschi.
GIORGIO CREMASCHI
La prima cosa che vorrei dire in questa riunione è che trovo insopportabile, oramai, questa doppiezza sui giudizi politici del governo. Qua dentro ci diciamo tutti peste e corna del governo. Lo descriviamo come un governo di destra, tecnocratico, posto sul confine del processo democratico, tuttavia questi giudizi non sono pubblici, non sono la posizione che all’esterno ha la Cgil nei confronti del governo. Se lo fossero sarebbe un fatto politico rilevante, apprezzabile, invece questo non appare, anzi appare l’esatto contrario e cioè che questa organizzazione in fondo è vicina a questo governo. Così questi giudizi durissimi contro il governo e anche i suoi ministri, sviluppati all’interno, rappresentano un’espressione di ipocrisia e frustrazione. Di ipocrisia perché servono in realtà solo a giustificare i passi indietro che si fanno, di frustrazione perché somigliano molto alla discussione che c’è all’interno, così ho capito dalla stampa, del Partito democratico, o almeno in una parte di esso. Si digrignano i denti contro il governo tecnico, ma alla fine si accettano le sue decisioni, magari presentandole come un successo.
Per quanto riguarda l’articolo 18 c’è una sola cosa da dire, quella che questo gruppo dirigente non ha il coraggio di presentare ai lavoratori e nelle assemblee e cioè che questo articolo nella sua sostanza di tutela dei lavoratori non esiste più. Dovreste avere il coraggio di dire nelle assemblee che, se passerà la controriforma, ci saranno lavoratori ingiustamente licenziati per i quali il giudice riconoscerà il torto subito, ma che comunque non rientreranno nel posto di lavoro. Questa è la sostanza, e questo è l’abbandono di una posizione storica e strategica della Cgil. Inoltre non capisco nemmeno le ragioni tattiche di questo comportamento. Ho sentito qui dire peste e corna di gran parte dei dispositivi del governo sulla flessibilità in entrata, quella su cui è più arrabbiata la Confindustria.
Non capisco, allora. Subiamo una sconfitta strategica sull’articolo 18. Tutti, anche chi la considera una vittoria, diciamo che la flessibilità in entrata fa sostanzialmente schifo. E però all’esterno siamo i difensori del provvedimento del governo, mentre la Confindustria chiede di cambiarlo. Chi pensa di ottenere dei risultati con questa tattica? Non c’è qualche cosa di profondamente sbagliato in tutto questo? In ogni caso, di fronte alla gravità di ciò che accade ai lavoratori, per quel che mi riguarda non c’è disciplina di organizzazione che tenga. Qui siamo di fronte a diritti indisponibili, che vengono lesi in maniera profonda dai provvedimenti del governo. Per questo la lotta contro la controriforma del lavoro deve continuare e continuerà indipendentemente dagli orientamenti dei gruppi dirigenti della confederazione.
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