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Avvio d’anno tragico per l’occupazione

Ottanta mila dipendenti in meno nelle imprese tra gennaio e marzo 2013. E’ quanto emerge dall’indagine relativa al primo trimestre 2013 del del Sistema informativo Excelsior di Unioncamere e ministero del Lavoro.
Nei primi tre mesi di quest’anno sono previste infatti 137.800 assunzioni dirette di personale dipendente, ma oltre 218mila uscite programmate, con un saldo negativo dei posti di lavoro con contratto a tempo indeterminato, determinato e apprendistato pari a oltre 80mila unità.
Tra i contratti per favorire l’ingresso nel mondo del lavoro, l’apprendistato stenta ancora a decollare; sfruttando invece le novità della recente riforma, gli imprenditori preferiscono utilizzare la formula per loro  più semplice e più favorevole, il “primo contratto a tempo determinato”.
L’inizio dell’anno, però, favorisce come di consueto l’avvio di rapporti di lavoro a carattere interinale e, soprattutto, la stipula o il rinnovo di contratti parasubordinati e solo formalmente ‘autonomi’ (collaboratori a progetto, con partita Iva o per prestazioni occasionali), il cui numero supera quello dei contratti cessati nello stesso periodo: risultano, di conseguenza, quasi 23mila i posti di lavoro interinale in più nelle imprese e +48.500 i lavoratori non dipendenti. Ma il loro utilizzo è fortemente ridimensionato rispetto all’inizio del 2012, con una riduzione del 23% circa nei contratti attivati ex novo o rinnovati tra gennaio e marzo.
”Il perdurare della recessione e il timore che essa si prolunghi nei prossimi mesi sta portando le imprese ad assumere un atteggiamento sempre più cauto sul fronte occupazionale”, sottolinea il presidente di Unioncamere, Ferruccio Dardanello. ”Ciò non vale, tuttavia, per l’intero sistema imprenditoriale. Vediamo infatti che la propensione ad assumere è doppia nelle imprese esportatrici e in quelle che investono puntando sulla qualità dei prodotti e facendo innovazione. Se vogliamo sostenere l’occupazione è evidente che dobbiamo puntare su questi segmenti imprenditoriali, accrescendone il numero e sostenendole nelle loro strategie di crescita”.
Quindi più esportazioni e più innovazione tecnologica; di conseguenza meno mercato interno e ancora meno lavoro.

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