Come un sorvegliato speciale, ma stavolta non possiamo essere critici.
I giudici del processo d’appello sui diritti Mediaset hanno accolto il legittimo impedimento di Silvio Berlusconi perché impegnato “per la seduta al Senato” e hanno rinviato il processo al prossimo 23 marzo, sospendendo per una settimana i termini di prescrizione. Spiegazione tecnica: la “sospensione dei termini” significa che – nel computo dei giorni validi per una evenetuale prescrizione – questa settimana “persa” non vale. Quindi, se – com’è certo – il “legittimo impedimento” serviva a far passsare il tempo – i giudici hanno “congelato” l’attesa. TRa una settimana, insomma, è come se non fosse accaduto nulla.
Nella prossima udienza, inoltre, ha chiarito il collegio, si deciderà se sospendere o meno il processo in attesa della decisione della Cassazione sull’ammissibilità della richiesta di trasferimento del procedimento a Brescia. Anche qui sembra scontato un rigetto. Se infatti un imputato ritiene che esistano ragioni serie di “problemi ambientali” intorno al suo processo, di solito chiede il trasferimento ad altra sede fin dalle prime udienze. Non certo a ridosso dell’ultima, quando la senteza – dall’andamento del dibattimento – appare ormai chiara. Insomma, se uno pensa di essere condannato, è troppo comodo chiedere di cambiare tribunale a fine corsa (e così ricominciare da capo).
In precedenza il pg Laura Bertolè Viale si era detta “non soddisfatta” della certificazione medica presentata da Berlusconi come legittimo impedimento, perché “non si capisce se è per le sue condizioni di salute o perché deve andare a votare in Senato”. Perciò aveva chiesto alla corte o una visita fiscale o altri documenti.
Il sostituto processuale nominato dagli avvocati Niccolò Ghedini e Piero Longo aveva presentato un’istanza di impedimento anche per i legali dell’ex premier perché anche loro sono impegnati nel voto in Parlamento. Un corto circuito degno di un camorrista. Con destino simile…
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