Pubblichiamo una lettera che l’attivista belga di origine turca Bahar Kimyongur ha scritto mentre era detenuto nel carcere di Bergamo, dove era stato condotto il 21 novembre scorso dopo essere atterrato al locale aeroporto per partecipare a delle conferenze sulla guerra civile in Siria e il ruolo della Turchia nella destabilizzazione del paese. Dopo alcuni giorni in carcere Bahar Kimyongur è stato liberato ma deve attendere che l’Italia decida se dovrà essere estradato in Turchia, dove è accusato di reati di terrorismo, in condizione di soggiorno obbligato a Marina di Massa.
Di seguito la lettera di Bahar Kimyongur
Dopo l’Olanda, il Belgio e la Spagna, tocca all’Italia aprire le porte di ferro del carcere e richiuderle immediatamente, questa stessa Italia dove ho soggiornato quaranta volte senza aver avuto la minima preoccupazione, nonostante il mandato di cattura internazionale emesso dieci anni fa da un tribunale di Ankara.
In Olanda il mio arresto è avvenuto quando mi sono messo a guidare sull’autostrada, nella periferia de L’Aia. In Belgio, dove ho subito un inutile e costoso processo penale che ha avvelenato quattro anni della mia vita, il percorso è stato più convenzionale: dal tribunale di Gand al carcere di Gand. In Spagna, invece, la polizia era nettamente più ispirata. Sono stato, infatti, arrestato all’interno della Cattedrale di Cordoba mentre ero con mia moglie e i miei due figli.
In Italia le unità della Digos mi hanno prelevato all’aeroporto di Orio al Serio pochi minuti dopo l’atterraggio del mio aereo, che era partito da Charleroi. Alcuni ufficiali italiani mi hanno poi portato al carcere di Bergamo, dove sono rinchiuso da dieci giorni in condizioni disumane.
Con questa catena di arresti, le autorità turche sperano di intimidirmi, di scoraggiarmi, di indebolirmi finanziariamente e di far dubitare di me tanti amici e colleghi che mi sostengono. Per quanto possa essere banale, la privazione della libertà non è più sopportabile di una punizione violenta, perché le prime vittime sono le famiglie, soprattutto i bambini.
I miei figli, che hanno 3 e 5 anni, capiscono molte cose. Ma non possono capire o accettare che il loro padre, che cerca di insegnare loro le regole della vita in società, i valori umani quali l’onestà, la giustizia, l’amore e la solidarietà, venga costantemente punito a causa dei suoi scritti. Anche gli adulti non riescono a capire un tale accanimento. La sensazione d’ingiustizia che si apre, come una voragine, nel cuore dei miei figli per colpa della sfortuna folle e irrazionale che accade loro non può che causare loro gravi lesioni psicologiche.
Sarebbe troppo facile tirare pietre contro il solo regime turco ed esonerare gli Stati Europei “vittime” di semplici errori amministrativi. Il mondo ha visto la ferocia della polizia di Erdogan durante la rivolta di piazza Taksim la scorsa estate. Tutta l’Europa si è indignata. Questo non ha impedito alle polizie europee di svolgere il compito di giannizzeri del Sultano Erdogan.
A che giova essere giudicato innocente dalla giustizia europea se le forze di polizia europee si mettono agli ordini del regime neo-ottomano e calpestano le decisioni di questo organo? Perché un giudice italiano m’impedisce di viaggiare quando me l’ha permesso un giudice spagnolo? Com’è possibile che un’organizzazione come l’Interpol si possa collocare al di sopra della legge ed essere fuori controllo? Che diritto ha l’Interpol di convertire una segnalazione arbitraria e ingiusta in ergastolo? Com’è possibile che un regime che ogni giorno accoglie ad Ankara battaglioni interi di terroristi che uccidono il popolo siriano, è considerato un partner dell’Europa nella lotta contro il terrorismo?
Le mie disavventure hanno avuto almeno il merito di far luce su alcuni lati oscuri delle nostre democrazie. Ringrazio, con tutto il cuore, le migliaia di amici sui quali posso sempre contare, nei momenti buoni e nei tempi difficili, e che si sono ancora una volta mobilitati per sostenere la mia famiglia e tenere alta la bandiera dei nostri ideali comuni.
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