Si è da poco conclusa la giornata di azione globale contro il razzismo e, per il terzo anno consecutivo, abbiamo manifestato di fronte Cara di Mineo, simbolo delle nuove politiche europee segregazioniste anche per i richiedenti asilo. Alla sua apertura ci siamo opposti sin dal marzo 2011, data della sua istituzione.
In questi anni le sofferenze di migliaia di richiedenti asilo sono aumentate nell’indifferenza/complicità generale, i tempi di attesa della commissione per l’esame delle richieste si sono quadruplicati ed il bisogno di vedere rispettati i diritti umani, sempre più calpestati dalle disumane politiche governative e dalla incapacità dei soggetti gestori del Cara, si traduce da parte dei migranti in frequenti proteste e, purtroppo, in gesti autolesionisti (nel 2011, in soli 4 mesi, sette tentativi di suicidio); la tragica morte del ventunenne eritreo Mulue pesa come un macigno su chi in questi anni ha pensato solo al mega-business della pseudo-accoglienza, ma per chi è coinvolto anche nel vergognoso e disumano trattamento (degno dei lager nazifascisti) dei migranti a Lampedusa gli scrupoli non esistono.
Già venerdì 13/12, durante la conferenza stampa (alla quale hanno partecipato testate nazionali ed alcuni mediattivisti, con la colpevole assenza dei media locali), sono state numerose le denunce, non solo delle associazioni antirazziste e del sindaco di Palagonia, ma soprattutto da parte di numerosi migranti, nonostante le pesanti intimidazioni che subisce chi partecipa alle nostre iniziative; oramai chi gestisce il Cara pensa più ad ipocrite operazioni di facciata (la squadra di calcio, il nuovo film sulla “grande integrazione” dei migranti), anziché a provvedere a garantire corsi d’italiano, vestiti invernali, cibo decente, assistenza sanitaria adeguata.
Facciamo appello ai media ad accendere i riflettori su ciò che avviene dentro il Cara, dando voce a chi finora non ne ha avuto, cioè ai richiedenti asilo, già vittime delle peggiori ingiustizie planetarie e dei frequenti naufragi (la strage del 3 ottobre a Lampedusa ha prodotto qualche revoca o modifica delle vergognose leggi razziali?); da parte nostra facciamo appello alle associazioni solidali del calatino, siciliane e nazionali affinché il Cara della vergogna venga chiuso al più presto, moltiplicando i centri di accoglienza e gli SPRAR in piccoli e medi centri, per favorire così un reale inserimento sociale, seguendo l’esempio di comuni come Riace nella Locride, a costi molto inferiori e più umani, evitando inoltre la crescente militarizzazione della Sicilia, già avamposto di criminali ed anticostituzionali basi di guerra Usa e NATO.
La storia siciliana ce l’ha insegnato: emigrare non è un reato Rete Antirazzista Catanese
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