Dopo l’operazione militare,guidata dalla Digos e operata dai reparti speciali di polizia e carabinieri, che 10 giorni fa ha messo sulla strada 50 persone, tra cui decine di bambini, ritorniamo ad occupare uno dei tanti immobili pubblici chiusi che in questa città, come nel resto del paese, sono destinati a rimanere chiusi o ad essere cartolarizzati.
Il 15 maggio procura e questura hanno voluto dare una prova di forza contro le occupazioni ammantandosi dietro la retorica del ripristino della legalità e il suggello della proprietà privata, cercando di scoraggiare la determinazione di chi ha deciso di non delegare più la propria esistenza alla politica ed alle logiche clientelari, ma di riprendersi tutto quello che gli spetta a partire dal diritto alla casa.
Nelle nostre orecchie ancora rimbomba l’eco delle urla di paura che si levavano ad ogni colpo di mazza contro il portone di via Minzoni, sotto gli occhi ci sono ancora le immagini di un palazzo che fino a poche ore prime era stato“casa” e che scendendo dal quel tetto trovammo completamente devastato: porte sfondate, armadi fatti a pezzi con la motosega, ogni cosa per aria. Una violenza spropositata per dire a poche decine di persone che le “pie” sorelle rivolevano la loro proprietà a qualsiasi costo e che il piano casa Renzi stava diventando legge.
A poco sono valse le possibili soluzioni messe sul piatto dal Comitato in questi mesi. Continuiamo a chiedere l’apertura di un tavolo che affronti il problema casa e metta in atto soluzioni definitive e non le misure tampone che legiferano i governi al servizio del mattone. 155 milioni di fondi per case popolari fermi (?) alla regione Calabria, centinaia di immobili pubblici che potrebbero essere requisiti e destinati all’emergenza abitativa anzichè continuare a buttare risorse importanti nella politica degli affitti, una moratoria sugli sfratti e sui pignoramenti per i morosi incolpevoli e sugli sgomberi delle occupazioni per necessità, per frenare il dilagare dell’emergenza abitativa e trovare le giuste soluzioni.
Continuiamo a chiedere che il problema casa venga affrontato per quello che è: UN PROBLEMA SOCIALE E NON DI ORDINE PUBBLICO! La criminalizzazione di chi vive l’emergenza casa è una violazione dei diritti fondamentali della persona, se poi a determinare questa emergenza le responsabilità sono ascrivibili a trent’anni di politiche clientelari e speculative la procura dovrebbe indagare e denunciare ben altri soggetti!
Se con questa operazione e le denunce credevano di intimorirci e scoraggiarci hanno fatto i conti senza i bisogni e la determinazione della gente che è stata messa per strada senza nessuna soluzione reale. L’occupazione di oggi, dell’ex scuola elementare Don Milani a Porta Piana, rilancia prepotentemente un bisogno che si moltiplica quotidianamente nella nostra città e che per le donne e gli uomini sgomberati dall’ex istituto religioso è vitale.
Le lotte non si arrestano. Andiamo avanti, Paolo e Luca liberi subito!
Prendocasa Cosenza, 26 maggio 2014
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