La pubblicazione di dati, da parte del Ministero della Salute, riguardanti lo spaventoso aumento del numero dei tumori e della malattie cardiocircolatorie nell’area metropolitana napoletana e nella circostante provincia di Caserta non è stata una sorpresa per nessuno. (http://www.ilmattino.it/napoli/cronaca/napoli_caserta_tumori_rifiuti/notizie/242782.shtml)
Da tempo gli attivisti sociali, i comitati di lotta e le associazioni ambientaliste non compatibilizzate denunciano la sistematica devastazione ambientale dell’intero ecosistema della Campania. Una denuncia che impatta da sempre contro il pesante silenzio dei media ufficiali e che, solo ora, a fronte del biocidio in atto sta bucando la blindatura degli opinion maker di regime.
Solo le anime belle ed in perfetta malafede come il Ministro Balduzzi (http://www.nelpaese.it/index.php?option=com_content&view=article&id=274%3Abalduzzi-record-tumori-in-campania-ma-e-polemica-sulle-cause&catid=30&Itemid=173) continuano a negare il nesso imprescindibile tra l’esplosione delle più devastanti patologie sanitarie e la sistematica diffusione territoriale di discariche, siti inquinanti e veri e propri processi di manomissione sistemica della terra, dell’aria e delle forme di vita esistenti.
Anche Contropiano on line, nel corso degli anni, si è occupato di queste vicende documentando da un lato le mobilitazioni sociali delle comunità popolari che, di volta in volta, sono scese nelle piazze per difendere il proprio diritto alla salute e i propri territori e dall’altro demistificando la bizzarra idea che nega i caratteri della immanente modernità a questa particolare forma dello sviluppo capitalistico che – in Campania più che altrove – trova in questo segmento del processo di valorizzazione, il business rifiuti/inquinamento/salute, fondati ed accertati motivi di interesse. (https://www.contropiano.org/en/archive/archivio-news/ambiente/item/10762-campania-una-terra-bombardata)
Del resto è oramai evidente che dopo la passata stagione fordista e della centralità del ciclo manifatturiero in Campania si è collaudato un sofisticato intreccio economico e sociale che fa da volano ad enormi profitti e che è incardinato a quello che, senza nessuna esagerazione propagandistica, possiamo catalogare come il settore della produzione di morte.
Non è un caso che dentro ed attorno alla filiera di questo sapiente circuito criminale e criminogeno si addensano i nomi dei principali gruppi industriali italiani ed europei, i marchi delle banche più accorsate, l’intero ceto politico nella sua configurazione bipartizan e i cartelli vincenti della grande criminalità organizzata.
Anche su questo aspetto analitico controcorrente, se confrontato con la vulgata ufficiale in voga che descrive questi disastri come una sorta di anomalia dentro un corso sociale criticabile ma, comunque, non foriero di distruzione e di morte, i compagni della Rete dei Comunisti hanno prodotto, a ridosso delle mobilitazioni che si sono, nel tempo, susseguite, elementi di riflessione teorico/politica che ancora oggi sono utili e traducibili sul terreno della battaglia politica e delle dinamiche dei movimenti di lotta. (https://www.contropiano.org/Pubblicazioni/2008/Trash.htm)
L’ufficializzazione dei dati del Ministero della Salute, come era prevedibile, sta suscitando polemiche e critiche verso l’operato istituzionale e siamo convinti che i comitati e tutte le vertenze in corso troveranno nuova linfa politica per continuare ad alimentare le polemiche e le sacrosante vertenze nei confronti delle diverse amministrazioni, centrali e locali, che sono le dirette responsabili di questi omicidi di massa.
A tali vertenze la RdC non farà mancare il suo contributo politico e l’impegno all’ulteriore articolazione e generalizzazione delle mobilitazioni.
Ma, alla luce di queste allucinanti notizie, se, per davvero, vogliamo interrompere questa catena antisociale bisognerebbe iniziare, anche come pura attitudine metodologica, ad inserire nella nostra agenda politica e nella pratica sociale che svolgiamo il tema del rovesciamento del tavolo delle compatibilità economiche e di sistema verso questi insopportabili rapporti sociali dominanti che stanno raggiungendo picchi estremi di disumanità.
Una esigenza non più sopprimibile ma che andrebbe politicamente veicolata, senza nostalgie e cortocircuitazioni ideologiche che nuocerebbero all’obiettivo che ci prefiggiamo, nel vivo delle lotte mostrando, di volta in volta, come il capitalismo, in ogni sua versione, compresa quella della green economy, ha esaurito ogni anelito di progresso e di avanzamento sociale per la stragrande maggioranza dell’umanità..
Concludiamo queste modeste riflessioni con una attualissima citazione di Frederick Engels dell’assassinio sociale (Social Murder) quando descriveva i processi di distruzione della vita dei lavoratori nell’Inghilterra della rivoluzione industriale. Una descrizione ancora perfetta di come funziona, in alcuni ridotti territoriali, il capitalismo del ventunesimo secolo.
“Se un individuo arreca a un altro un danno fisico di tale gravità che la vittima muore, chiamiamo questo atto omicidio [preterintenzionale]: se l’autore sapeva in precedenza che il danno sarebbe stato mortale, la sua azione si chiama assassinio. Ma se la società pone centinaia di proletari in una situazione tale che debbano necessariamente cadere vittime di una morte prematura, innaturale, di una morte che è altrettanto violenta di quella dovuta ad una spada o a una pallottola; se toglie a migliaia di individui il necessario per l’esistenza, se li mette in condizioni nelle quali essi non possono vivere; se mediante la forza della legge li costringe a rimanere in tali condizioni finché non sopraggiunga la morte, che è la conseguenza inevitabile di tali condizioni; se sa, e sa anche troppo bene, che costoro in tale situazione devono soccombere, e tuttavia la lascia sussistere, questo è assassinio, esattamente come l’azione di un singolo, ma un assassinio mascherato e perfido, un assassinio contro il quale nessuno può difendersi, che non sembra tale, perché non si vede l’assassino, perché questo assassino sono tutti e nessuno, perché la morte della vittima appare come una morte naturale, e perché esso non è un peccato di opera, quanto un peccato di omissione. Ma è pur sempre un assassinio… ciò che i giornali operai inglesi a pieno diritto chiamano assassinio sociale .”
* Rete dei Comunisti, Napoli
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