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Valle del Sacco. Veleno sui veleni


Dalle prime ore di questa mattina un sito di stoccaggio dei rifiuti di una nota ditta della Valle del Sacco è in fiamme.
Una notizia che in condizioni “normali” preoccuperebbe ma che nelle condizioni del tutto speciali di questo territorio segna allarme rosso.
Una nube tossica visibile a chilometri di distanza è infatti levata sulla cittadina di Colleferro – alle porte di Roma – e sul circondario sin dalle prime ore dell’alba. Intorno alle 5 l’aria era irrespirabile. Sul posto Carabinieri, Vigili del Fuoco e personale della ditta tutt’ora impegnati a far fronte al grave incidente.
Sulla Valle del Sacco incombe da anni l’impatto dell’impianto per il trattamento dei rifiuti bloccato dal Noe dei carabinieri nel 2009, nonché quello della produzione di un insetticida (vietato solo dal 2001) finito nel foraggio e nel latte crudo di 32 aziende bovine e 9 ovine. Indagini epidemiologiche denunciano da tempo sospette morie di bestiame e di pesci nel fiume Sacco, nonchè numerosi casi di tumori nella popolazione. Con un inquinamento ambientale che, nel complesso, potrebbe superare quello contestato intorno all’Ilva di Taranto.
Nel 2012 venne pubblicato uno studio di Lega Ambiente dai risultati inquietanti – ignorato dalle autorità – sulla produzione di armi chimiche in Italia. Tra i siti messi sotto osservazioni spiccava proprio la Valle del Sacco. Nel dossier si legge che: “A Colleferro quest’anno ricorre il centesimo anno dell’industrializzazione dell’area che ospita già dal 1912 produzioni belliche (Snia, BPD), in particolare dedicate alla fornitura di tecnologie atte a trasformare armi convenzionali in armi chimiche. Una produzione che continua anche negli anni successivi alla II Guerra mondiale, tanto che alcuni documenti riportano una correlazione tra la produzione dell’industria bellica di Colleferro e le tecnologie fornite all’Iraq di Saddam Hussein negli Anni ’80”.
Ancora oggi nell’area sono attive produzioni belliche “ma sull’inquinamento ci sono ancora poche informazioni pubbliche, a causa del segreto militare – spiegano gli ambientalisti – e di una contaminazione molto complessa che deriva da tantissime attività che si sono succedute negli anni in tutta la Valle del Sacco, diventata recentemente “Sito di interesse nazionale da bonificare”. Nei primi anni ’90 furono trovati fusti tossici contenenti scarti di produzione delle aziende dell’area industriale di Colleferro. Nel 2005, in seguito alla contaminazione da beta-esaclorocicloesano, derivante dalle produzioni interrate di insetticidi, è stato istituito il “Sito di Interesse Nazionale di Bonifica”, oggi uno dei più estesi in Italia.
Rete per la Tutela della Valle del Sacco (Retuvasa) denuncia: “In una città in cui insistono una discarica di Rifiuti Solidi Urbani, sostanzialmente fuorilegge, due inceneritori di Combustibile Derivato da Rifiuti (CDR), un’area industriale con due siti di stoccaggio definitivo per rifiuti tossici, un cementificio, due industrie che devono rispondere alla legge Seveso Bis per i rischi da incidente rilevante, una centrale a turbogas, occupazioni di suolo con parchi fotovoltaici per quella che noi definiamo “militarizzazione energetica”.
Durante la seduta del Consiglio Comunale di Colleferro del 6 giugno è stato presentato, su richiesta delle opposizioni e con un ritardo ingiustificato da parte dell’Amministrazione rispetto alla pubblicazione, il Rapporto ERAS. Lo studio di epidemiologia su rifiuti, ambiente e salute, redatto dal Dipartimento Epidemiologico della Regione Lazio, in collaborazione con Arpa Lazio e Usl RmG, ha evidenziato, in sintesi,  anche per il territorio e la popolazione di Colleferro  una stretta correlazione tra esposizione agli inquinanti prodotti da discarica ed inceneritori e l’aumento di ospedalizzazioni e ricoveri per patologie respiratorie.

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