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Ancora no al Tav. Dirlo in marcia

Nuova marcia No Tav, oggi, in notturna. Con i sindaci della Valle, che i pro-tav non vogliono ascoltare né far parlare,  troppo presi come sono dal contare i soldi che affluiscono alle loro tasche; da dove vengono? Che domande… dalle imprese che fanno il tunnel, con i soldi dello Stato (ovvero: paghiamo noi).

Le cronache di oggi, da chi ha visto da vicino.

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Oltre 3mila i notav oggi in marcia lungo i sentieri della val susa

Oltre 3mila i notav che hanno sfilato in corteo da Giaglione a Chiomonte violando la zona rossa. Provocazioni delle forze dell’ordine lungo i sentieri…ma fermarci è impòossibile!

Fermarci è impossibile! Più di 3mila notav oggi hanno dimostrato che non esistono divieti, che ci sono molti sentieri per aggirare i cordoni di polizia per arrivare al cantiere. Partiti intorno alle 15 da Giaglione il fiume in piena dei notav ha attraversato i boschi per arrivare al presidio di Chiomonte vicino al cantiere. Ad aprire il corteo sono le donne notav con lo striscione “Partigiane della terra e del futuro” in solidarietà con Marta, notav picchiata brutalmente e molestata sessualmente dalle forze dell’ordine la notte del 19 luglio. Un corteo pacifico, festoso e determinato che si è arrampicato per i sentieri, puliti nei giorni scorsi dal fogliame e dai candelotti di lacrimogeni sparati la sera del 19 luglio, per arrivare al presidio di Chiomonte. Polizia e carabinieri schierati in gran numero davanti ai cancelli, qualche blocco nei sentieri che non hanno intimidito i notav i quali hanno proseguito, decisi ad arrivare il più vicino possibile al cantiere. Migliaia i notav che intorno alle 1730 hanno confluito intorno al presidio a Chiomonte passando dalle vigne, dimostrando che la forza di un movimento popolare sta nella sua resistenza, nella sua storia, in quel passato da partigiani che i notav oggi incarnano.

Dietro lo striscione degli amministratori, presenti alla marcia anche tutti i sindaci notav che si sono susseguiti negli interventi ribadendo una volta in più che la valle deve essere smilitarizzata, che il cantiere si deve fermare, che le ragioni del movimento non possono essere ridotte a questioni di ordine pubblico, chiedendo la sospensione dei lavori visto che anche in Francia e’ tutto posticipato al 2030. Da notare come in questi giorni il tentativo subdolo e misero dell’informazione mainstream ha cercato di far passare la marcia di oggi come un tentativo di scollamento da parte dei sindaci dal movimento notav ormai “caduto nelle mani dei violenti”. Segno di debolezza politica che ormai priva di ragioni e argomenti, cerca di dividere il movimento notav fra buoni e cattivi.

Molti gli slogan gridati dal movimento notav fra gli alberi e i vigneti, fra cui “Se tocchi una tocchi tutte” per ricordare alla controparte che le donne notav non si fanno intimidire e che continueranno a lottare…A sarà dura!

da No Tav.info

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Sono venuti da Torino, da Milano, dal Piemonte e dalla Lombardia; son venuti da Pisa, Livorno, Firenze, Roma; son venuti dalla Sicilia. Si sentiva parlare piemontese, italiano e romanesco, francese e inglese, tedesco. Son venuti in 4000 almeno. Son venuti i sindaci della valle, senatori M5S e consiglieri comunali. Sono venuti a Giaglione per marciare contro il Tav e son venuti in molti, con in gola slogan vecchi e nuovi. Perché nuova è la violenza di cui i sindaci in comizio parlano: non soltanto quella da cui prendono le distanze in quanto rappresentanti dello Stato, ma quella che lo Stato agisce con sempre maggior frequenza e solerzia ai danni chi protesta.

Marta c’è. Ci sono i nuovi arresti e i processi in corso. Tutti si sentono le mani addosso, che non sono quelle delle botte; non sono quelle che stringono un manganello come strumento dissuasivo ma come arma di aggressione (nonostante sul Manuale di Polizia sia ben specificato uso e comportamento che i Pm di Torino e d’Italia continuano a ignorare: una testa rotta significa un uso non consentito del manganello, lapalissiano, da manuale appunto, eppure…); sono mani che violano l’intimità di una persona, di una donna, e trasformano la violenza in violenza di genere, ancora più odiosa perché riporta tutti indietro nella civiltà stessa e ricordano come la donna possa ancora essere considerata soggetto debole, di cui profittare, violare, disprezzare in quanto donna. Uomini e donne, donne e uomini lasciano che dalla gola sgorghi allora il grido “Se tocchi una tocchi tutte”.

Sindaci e rappresentanti tengono un breve comizio alla partenza. I temi sono quelli noti: il Tav va fermato, la valle va smilitarizzata, la violenza non è ammissibile, le Forze dell’Ordine devono poter essere identificate e non continuare ad agire nel più completo anonimato. Chiude Alberto Perino che ricorda come sia il movimento a decidere il livello delle manifestazioni. Che sia pacifica o meno è il movimento a decidere quale strada percorrere; del resto, la vergogna che permea e ammorba il cantiere è la prima a condurre al suicidio escavatori e gruppi elettrogeni, che non sopportano di lavorare per una tale opera.

Quattromila persone sfilano sotto il cocente sole di luglio, si refrigerano alle fontane, discutono, tacciono e marciano, si ritrovano. Arrivano al ponte sul torrente Clarea e salgono. Vengono invitate a salire. Vengono spinte a salire. Il ponte è presidiato da truppe in tenuta antisommossa verso le quali invettive e brevi sermoni non mancano di riecheggiare in quell’angolo di bosco. Si sale il crinale, si guada più in alto per guadagnare il sentiero che conduce alle reti attraverso il parco archeologico, o quel che ne rimane.

Di nuovo un cancello. Di nuovo reparti con scudi e caschi indossati. Ci sono Mazzanti, Pietronzi, i Vip dell’Ordine pubblico che preme tanto ai media sottolineare. “Il corteo senza incidenti” scriveranno, perché quel che interessa è lo spettacolo. Se una manifestazione sfila senza incidenti, mah… è una bella cosa. Pacifica. L’importante è che sia pacifica. E sottolinearlo restituisce anche la cifra di che cosa si sia voluto far diventare agli occhi dell’opinione pubblica il movimento No Tav: un movimento che se fa una manifestazione pacifica, deve star nel titolo perché è cosa strana.

Ma i cancelli principali sono aperti. I reparti schierati e l’idrante pronto. Pronte invettive e sermoni. Tutti i cancelli sono presidiati. I cortili zeppi di blindati.

Si svolge uno striscione dirimpetto agli scudi “Giù le mani dalla Valsusa”. Colorato. Conciso. Chiaro. Lo tiene gente sorridente. Perché in fondo, la prima preoccupazione di un generale è sempre che l’umore delle truppe sia alto. E in Val di Susa pare ancora altissimo.

da Massimo Bonato, tgvallesusa.it


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