E’ di due giorni fa la notizia che l’On. Domenico “Marco” Minniti si è dimesso da parlamentare per andare a fare il Presidente della Fondazione MED-OR, neonata struttura che nasce quale emanazione diretta dall’industria bellica nazionale Leonardo (ex Finmeccanica).
La Fondazione in questione viene presentata come “un ponte attraverso il quale far circolare idee, programmi e progetti”, ed opererà per trasferimento di tecnologie tradizionali ed innovative e per l’alta formazione ed il trasferimento capacitivo.
Aree geografiche di interesse della formazione per i fini anzi detti saranno l’Africa mediterranea oltre a Medio ed Estremo Oriente, ovvero “l’orto di casa nostra” e l’area geografica di maggior espansione economica in questo momento storico.
Si può proprio dire l’uomo giusto al posto giusto! Minniti, per i passati incarichi politici ricoperti sia alla giuda politica delle nostre strutture informative, sia al Ministero degli Interni, conosce bene i paesi mediterranei, e le loro dinamiche interne ed internazionali, sia palesi che nascoste, mentre per l’estremo oriente si presenta comunque come interlocutore presentabile e, soprattutto, affidabile.
Dovrà presumibilmente curare l’incremento della vendita delle armi italiane in quei paesi, ma soprattutto creare, mantenere e curare, contatti di tipo politico ad alto livello per incrementare le relazioni economiche: vuoi mettere Minniti con Di Maio?
Alcuni mesi fa anche l’On. Maurizio Martina, pure lui esponente del Partito Democratico e già ministro dell’agricoltura si è dimesso da parlamentare, per andare a ricoprire il ruolo di Vice Direttore Generale aggiunto della FAO (mica roba da poco), un ruolo fatto apposta per lui, infatti se è “aggiunto” vuol dire che un titolare della carica già c’era, e c’è tuttora. Chi di dovere ha creato appositamente una casella per lui.
Il ruolo è di primaria importanza non solo a livello internazionale, ma anche interno, eventuali eccedenze produttive della nostra agricolture, tipo il riso, eventualmente potrebbero essere ora acquistate dalla FAO con più facilità rispetto a prima.
A completare il quadro delle dimissioni da parlamentare di eletti nelle file del PD c’è Pier Carlo Padoan, già ministro dell’economia e delle finanze nei governi Renzi e Gentiloni, dal 22 febbraio 2014 al 1 giugno 2018, che è stato nominato componente del CdA di Unicredit e che ne diventerà presidente.
Sinceramente non credo che la nave stia affondando, evento da cui i topi scappano, ma ritengo che stiamo assistendo ad un ricollocamento mirato di esponenti del PD in posti chiave di altissimo potere, sia a livello nazionale che sovranazionale, atti a garantire, oltre alle fortune personali, anche un reale peso di una parte del ceto politico del così detto centro-sinistra per il dopo Draghi.
Si dà evidentemente per scontato che le prossime elezioni saranno vinte dal così detto centro-destra, ma piazzando propri uomini in alcuni posti chiave ci si assicura di contare nel “potere reale” molto di più di quanto i risultati elettorali possano poi assicurare in quello politico.
Tra pochi mesi si aprirà la partita delle nomine in 500 consigli di amministrazione di importantissimi enti economici controllati, in tutto o in parte, dallo Stato. Le nomine le farà Draghi, ed oltre a nomi di diretta emanazione del mondo e degli interessi che lui rappresenta sarà interessante vedere, e capire, chi e dove le varie “bande” che operano oggi nel palcoscenico politico nazionale metteranno i loro uomini.
Il potere reale di questo nostro paese si sta ridisegnando, il mondo e l’Italia post pandemia non saranno come prima, i cambiamenti stanno già avendo luogo, in molti casi senza che ce ne rendiamo conto; il futuro sembra campo di battaglia di ristrettissime oligarchie internazionali, come sempre pronte a governare politica ed economia, in difesa dei loro interessi di classe e gettando sempre più ai margini economici e sociali vaste masse di esseri umani (quanto sta succedendo nell’agricoltura indiana ne è un esempio paradigmatico).
Contro tutto questo è sempre più necessario che tutte le forze comuniste ed anticapitaliste, con tutti i loro attuali limiti, facciano fronte comune.
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