Dalle 5 di questa mattina decine di agenti della Digos sono impegnati in perquisizioni e arresti nell’ambito dell’ennesima retata contro alcuni appartenenti al movimento No Tav.
Il quotidiano Si Tav per eccellenza – La Stampa, a firma del solito Numa – annuncia che da stamattina è in corso un’operazione della Digos contro alcuni attivisti No Tav appartenenti all’area anarchica. Gli arresti sarebbero scattati in conseguenza di un’inchiesta curata nientemeno che dai pool anti-terrorismo delle procure di Milano e Torino. Quali sarebbero questi atti di terrorismo così gravi da smuovere ben due procure? “Gli investigatori stanno ricostruendo gli attacchi paramilitari al cantiere di Chiomonte, avvenuti da febbraio a luglio, in cui sono state lanciate molotov, bombe carta e bengala sparati ad altezza uomo attraverso l’uso di rudimentali mortai” (!).I fatti contestati risagono al 2013 in Val Susa e secondo la magistratura “mettono in evidenza una struttura organizzativa e logistica ormai di «stampo eversivo», specie dopo l’ondata di attentati incendiari ai danni delle aziende Tav, oltre a innumerevoli episodi di intimidazione e minacce anche ai danni di singole persone”. Nella fattispecie l’articolo del codice penale che viene contestato ai No Tav è il 280bis, quello contro gli “atti di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi”. L’articolo, ci tiene a rammentare il quotidiano torinese, recita così: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque per finalità di terrorismo compie qualsiasi atto diretto a danneggiare cose mobili o immobili altrui, mediante l’uso di dispositivi esplosivi o comunque micidiali, è punito con la reclusione da due a cinque anni. Ai fini del presente articolo, per dispositivi esplosivi o comunque micidiali si intendono le armi e le materie ad esse assimilate indicate nell’articolo 585 e idonee a causare importanti danni materiali”.
Secondo le prime informazioni, gli attivisti che sarebbero stati arrestati per ordine dei pm Andrea Padalino e Antonio Rinaudo sarebbero 4. Uno di loro – Claudio – non è stato ancora rintracciato mentre un secondo – Nicolò – si trovava già rinchiuso nel carcere delle Vallette di Torino per altri procedimenti giudiziari in corso. In manette è finito anche Mattia, un ragazzo di Milano e poi Chiara, portata via questa mattina dallo spazio occupato di via Lanino a Torino.
Alle prime ore dell’alba, infatti, vari blindati carichi di poliziotti si sono presentati davanti a due spazi occupati di Torino, l’Asilo di via Alessandria e una casa occupata di via Lanino. Uno spiegamento di forze tale che all’inizio sembrava che fosse in atto un tentativo di sgombero delle due occupazioni.
Intanto poche ore prima in Val Susa e a Torino, era stata realizzata un’ennesima serie di azioni di sabotaggio e denuncia contro la devastazione ambientale. Scritte, striscioni, bandiere e un lucchetto sono stati apposti durante la notte tra venerdì e sabato presso ditte che lavorano nel cantiere della Torino-Lione. Ad esempio il cancello di uno studio di geologi di Torino – la GeoData – è stato chiuso con una catena serrata con un lucchetto. Fuori da un’azienda che rifornisce le macchinette del caffè del cantiere, a Leini, è stato invece appeso uno striscione con la scritta “Niente caffè per chi devasta. No Tav”. Anche queste azioni, per le procure di Torino e Milano, sono ‘terroristiche’?
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